32. Come dovrei trattare le mie trasgressioni
Nel 2020, svolgevo il mio dovere perseguendo fama e prestigio, attaccando ed escludendo gli altri, cosa che intralciava e disturbava il lavoro della chiesa e perciò sono stata destituita. Mi sentivo molto negativa al pensiero di aver commesso un atto tanto malvagio da meritare l’espulsione e sentivo di non avere alcuna speranza di essere salvata. In seguito, i leader hanno constatato che avevo riflettuto un po’ e avevo capito il mio comportamento e il cammino che stavo percorrendo, quindi hanno disposto che tornassi a svolgere di nuovo i miei doveri. Ero davvero sorpresa. Quando ho visto che la casa di Dio mi dava ancora la possibilità di svolgere i miei doveri, mi sono venute le lacrime agli occhi e il cuore mi si è colmato di gratitudine verso Dio. Dentro di me, ho deciso: “Devo compiere i doveri in modo corretto per rimediare alle mie precedenti trasgressioni e non posso perseguire fama e prestigio né percorrere il cammino sbagliato come facevo prima”.
In seguito, sono stata nominata responsabile del lavoro del Vangelo in due chiese. All’inizio non avevo afferrato i principi della predicazione del Vangelo e ho avuto diversi problemi e varie difficoltà nel mio lavoro che non sapevo come risolvere, così ho pregato Dio nel mio cuore e, ogni volta che avevo tempo, mi sforzavo di riflettere sulle cose e di cercare i principi. Durante le riunioni, ascoltavo i fratelli e le sorelle condividere le loro esperienze e i loro guadagni nella predicazione del Vangelo. Mi sentivo invidiosa: pensavo che gli altri potessero ricevere la guida di Dio nel compiere i loro doveri mentre io ero diversa, poiché ero una persona che aveva commesso gravi trasgressioni. Credevo di dovermi impegnare più degli altri, dal momento che Dio mi dava ancora l’opportunità di pentirmi: non potevo commettere altri errori. Facevo la spola tra le chiese ogni giorno e, anche quando mi venivano le vertigini, continuavo a svolgere i doveri senza riposare; mi ripetevo: “Se mi impegno di più nei doveri, non compio malefatte e non creo intralci, posso rimediare alle mie precedenti trasgressioni e avere ancora una possibilità di essere salvata”. Dopo un po’ di tempo, il lavoro del Vangelo di cui ero responsabile ha cominciato a produrre risultati e i nuovi arrivati riuscivano a partecipare normalmente alle riunioni. Quando ho parlato di quello che avevo ottenuto predicando il Vangelo in quel periodo, il supervisore era d’accordo con la mia condivisione e io mi sono detta, felicissima: “Mi sono impegnata tanto nei miei doveri, ho ottenuto il riconoscimento dei fratelli e delle sorelle e ho ricevuto l’illuminazione nella condivisione durante le riunioni; inoltre, sento anche la guida dello Spirito Santo. Se mantengo il mio stato attuale, svolgo diligentemente e ancora meglio i miei doveri, non causo intralci o disturbi e preparo altre buone azioni, alla fine Dio potrebbe non tener conto delle mie trasgressioni precedenti”. In seguito, i leader mi hanno affidato la responsabilità del lavoro del Vangelo in più chiese e ho saputo che alcune erano molto lontane da casa mia. Ho riflettuto sulla mia salute cagionevole e su quanto mi avrebbe stremata andare avanti in quel modo, così ho pensato di parlare ai leader della mia situazione. Ma poi mi sono chiesta: “Se rifiuto i miei doveri, come mi vedrà Dio?” Perciò non ho detto nulla. Dopodiché, per familiarizzare più in fretta con il lavoro, ho lavorato dall’alba al tramonto e, anche quando non mi sentivo bene, mi costringevo a continuare; a volte, per andare alle riunioni, mi facevo portare in bicicletta dalle sorelle. Poiché spesso rimanevo sveglia fino a tardi, la mia salute è peggiorata ulteriormente. Sentivo una debolezza generale, le braccia e le gambe erano molli e riuscivo solo ad appoggiarmi alla spalliera del letto per costringermi a partecipare alle riunioni. La verità è che mi sentivo molto fiacca e volevo tornare a casa per riprendermi, ma vedendo che il lavoro della chiesa aveva bisogno della collaborazione delle persone ero preoccupata e mi domandavo: “Se vado a casa a riposare e rinuncio ai doveri in questo momento critico, come mi vedrà Dio? Avrei comunque un buon futuro? Potrei ancora essere salvata?” Quindi, per quanto le cose diventassero difficili, ho continuato a svolgere i miei doveri. In seguito, grazie a delle cure, le mie condizioni sono gradualmente migliorate.
Qualche mese dopo, sono stata selezionata come supervisore del lavoro del Vangelo. Nell’affrontare quel dovere, ho temuto di non essere all’altezza del compito a causa delle mie cattive condizioni di salute, ma poi ho pensato: “Se riesco a svolgere bene i doveri nonostante la malattia, forse Dio perdonerà le mie trasgressioni passate e allora avrò la possibilità di essere salvata”. Tenendo conto di ciò, ero disposta ad assumermi quel dovere. Una volta i leader mi hanno comunicato che dovevo partecipare a una riunione, ma il pomeriggio precedente l’incontro le mie condizioni sono improvvisamente peggiorate. Avevo forti dolori allo stomaco, una sensazione di debolezza in tutto il corpo e mal di testa e mi muovevo a fatica. Il medico mi ha detto che dovevo fare una flebo e riposare a letto. In quel momento, i miei sentimenti erano contrastanti e mi chiedevo: “Perché sono peggiorata di nuovo? I miei doveri sono così impegnativi ora. Le sorelle con cui lavoro sono occupate a predicare il Vangelo ogni giorno, mentre io, in una fase così critica, non riesco a svolgere i doveri. Dio sta usando questo ambiente per rivelarmi ed eliminarmi? Se davvero non riesco a svolgere i miei doveri, che futuro avrò?” Il solo pensiero mi ha provocato una profonda angoscia, come se fossi stata abbandonata da Dio. A causa della flebo, ho cominciato a sentirmi intontita e la notte sono caduta in un sonno profondo. La mattina dopo, mentre dentro di me riflettevo sul problema, improvvisamente ho pensato alle parole di Dio: “È durante un duro affinamento che l’uomo può più facilmente cadere preda dell’influsso di Satana. Quindi, in che modo dovresti amare Dio durante un siffatto affinamento? Dovresti fare appello alla tua volontà, deporre il cuore davanti a Dio e consacrarGli i tuoi ultimi momenti. Indipendentemente da come Dio ti affini, dovresti essere capace di mettere in pratica la verità per soddisfare le Sue intenzioni, e dovresti importi di cercare Dio e ricercare la comunione. In momenti come questi, più sei passivo, più diventerai negativo e più ti sarà facile regredire” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Solo tramite l’esperienza dell’affinamento l’uomo può possedere il vero amore”). Dalle parole di Dio, ho capito che più si è nel dolore degli affinamenti, più si deve cercare la verità e l’intenzione di Dio. Dovevo smettere di pensare al mio futuro e alla mia destinazione e pregare di più Dio; indipendentemente dal fatto che ci fosse un buon futuro o una buona destinazione per me, ero disposta a mettere il mio cuore davanti a Dio e, a prescindere dal modo in cui Egli operava, ero disposta a sottomettermi. Era come se Lui mi stesse guardando, in attesa che mi alzassi e andassi avanti. Il mio cuore si è gradualmente calmato e mi sono sentita più tranquilla, pronta a cercare la verità in un simile ambiente.
Un giorno, leggendo un passo delle parole di Dio, ho acquisito una certa comprensione del mio stato. Dio Onnipotente dice: “Paolo non conosceva la propria sostanza o corruzione, né tantomeno la propria ribellione. Non menzionò mai la sua spregevole sfida a Cristo né se ne pentì. Diede solo una breve spiegazione e, nel profondo del suo cuore, non cedette completamente a Dio. Anche se cadde sulla via di Damasco, non guardò a fondo dentro di sé. Si accontentò semplicemente di continuare a lavorare, non ritenendo che conoscere sé stesso e cambiare la sua vecchia indole fosse la questione più importante. Si accontentò semplicemente di dire la verità, di provvedere agli altri come balsamo per la propria coscienza e di non perseguitare più i discepoli di Gesù per consolarsi e perdonare a sé stesso i peccati del passato. L’obiettivo che perseguiva non era altro che una corona futura e un lavoro transitorio, una grazia copiosa. Non cercò una verità adeguata né tentò di andare più a fondo nella verità che non aveva compreso in precedenza. Quindi si può dire che la sua conoscenza di sé era falsa e che egli non accettò il castigo né il giudizio. Il fatto che fosse in grado di lavorare non significa che possedesse una conoscenza della propria natura o sostanza; la sua attenzione si concentrò soltanto su pratiche esteriori. Ciò che cercò di ottenere, inoltre, non fu il cambiamento, ma la conoscenza. Il suo lavoro fu unicamente conseguenza della manifestazione di Gesù sulla via di Damasco. Non fu una cosa che Paolo aveva deciso di fare inizialmente, né fu un lavoro verificatosi dopo che aveva accettato la potatura della sua vecchia indole. Comunque egli abbia lavorato, quest’ultima non cambiò e così il suo lavoro non espiò i peccati del passato, bensì semplicemente svolse un certo ruolo tra le chiese dell’epoca. Per una persona di questo tipo, la cui vecchia indole non cambiò, cioè per un individuo che non ottenne la salvezza e che fu ancora più privo della verità, Paolo fu assolutamente incapace di diventare uno di quelli accettati dal Signore Gesù. […] Paolo ha sempre pensato: ‘Sono in grado di lavorare, sono migliore della maggior parte delle persone; sono riguardoso come nessun altro verso il fardello del Signore e nessuno si pente profondamente quanto me, perché la grande luce ha brillato su di me e io l’ho vista, perciò il mio pentimento è più profondo di quello di chiunque altro’. Questo è ciò che pensava in cuor suo all’epoca. Al termine del suo lavoro disse: ‘Ho combattuto la battaglia, sono giunto alla fine del mio percorso e per me è pronta la corona della giustizia’. La sua lotta, il suo lavoro e il suo percorso furono interamente finalizzati a ottenere la corona della giustizia ed egli non progredì attivamente. Anche se non fu frettoloso nel lavoro, si può dire che quest’ultimo fu compiuto unicamente per rimediare ai suoi errori e mettere a tacere le accuse della sua coscienza. Paolo sperava solo di completare il suo lavoro, di finire il suo percorso e di combattere la sua battaglia il prima possibile, in modo da ottenere in breve tempo la tanto agognata corona della giustizia. Ciò che desiderava non era incontrare il Signore Gesù con le sue esperienze e la vera conoscenza, bensì finire il lavoro il prima possibile per ricevere le ricompense così guadagnate quando avesse incontrato il Signore Gesù. Usò il suo lavoro per confortare sé stesso e per concludere un accordo in cambio di una corona futura. Ciò che cercava non era la verità o Dio, ma solo la corona. Come può una simile ricerca raggiungere il livello desiderato? La motivazione di Paolo, il suo lavoro, il prezzo che pagò e tutti i suoi sforzi, le sue meravigliose fantasie li permeavano tutti ed egli lavorò interamente secondo i suoi desideri. In tutto il suo lavoro non ci fu la minima disponibilità nel prezzo che pagò; egli era semplicemente impegnato a stringere un accordo. I suoi sforzi non furono compiuti volontariamente per svolgere il suo dovere, bensì per raggiungere l’obiettivo dell’accordo. C’è qualche merito in questi sforzi? Chi elogerebbe gli sforzi impuri di Paolo? Chi nutre interesse per loro? Il suo lavoro era pieno di sogni per il futuro, di progetti meravigliosi, e non prevedeva alcuna strada con cui cambiare l’indole dell’uomo. Gran parte della sua benevolenza era una finzione; il suo lavoro non offrì alcuna vita, bensì fu un’imitazione della cortesia; fu la stipula di un accordo. Come può un simile lavoro condurre l’uomo verso la strada del recupero del suo dovere originale?” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Il successo o il fallimento dipendono dalla strada che l’uomo percorre”). Dio ha smascherato che Paolo non aveva una vera comprensione delle sue malefatte commesse in passato nel perseguitare il Signore Gesù e arrestare i Suoi discepoli né comprendeva veramente l’essenza della sua opposizione a Dio. Gli bastava solo sapere di aver sbagliato e che non avrebbe più fatto cose simili per opporsi a Dio in futuro. Poi cercò di espiare i suoi peccati attraverso apparenti atti di sacrificio, spendendosi e lavorando duramente. Alla fine, affermò persino che gli era stata riservata una corona di giustizia. Mi sono resa conto che i sacrifici e lo spendersi di Paolo non erano l’adempimento dei doveri di un essere creato né un autentico pentimento, ma piuttosto un tentativo di usare il suo lavoro per espiare i peccati e ottenere in cambio una corona di giustizia. Si trattava di ipocrisia, di un tentativo di ingannare Dio e mercanteggiare con Lui. Ho ripensato a quando, in precedenza, avevo perseguito reputazione e prestigio, intralciando e disturbando il lavoro della chiesa, e avevo trasgredito, ma non avevo riflettuto a fondo sulle mie trasgressioni né le conoscevo e non mi sentivo spesso in debito con Dio o con i fratelli e le sorelle per questo motivo. Vedevo solo il danno causato al lavoro della chiesa e l’impatto sui fratelli e sulle sorelle. Avevo capito di aver opposto resistenza a Dio e che avrei affrontato la Sua punizione se avessi continuato in quel modo, e avevo avuto paura. Così, quando avevo ripreso i miei doveri, mi ero impegnata a fondo e mi ero spesa, accettando qualsiasi dovere la chiesa avesse disposto per me e sottomettendomi a esso. Anche quando ero così malata da non riuscire a reggermi in piedi, avevo continuato a svolgere i miei doveri. Tutti quei sacrifici erano finalizzati a espiare i miei peccati, nella vana speranza di poterli scambiare un giorno con il perdono e la ricompensa di Dio. Ho capito che i miei sacrifici, il mio spendermi e la mia fatica non erano sinceri, tanto meno erano l’adempimento dei doveri di un essere creato. Come Paolo, le mie azioni erano volte a espiare i peccati e a compensare le mie trasgressioni passate e, in ultima analisi, a perseguire un esito e una destinazione favorevoli. Avevo usato sacrifici apparenti, lo spendermi e il lavorare sodo nella vana speranza di ottenere in cambio la grazia e le benedizioni di Dio, un esito positivo e una buona destinazione, cosa che si traduceva in un vero e proprio rapporto di interessi con Dio. Ho riflettuto su come i miei passati intralci e disturbi mi avessero quasi condotta all’espulsione perché, da quando credevo in Dio, avevo perseguito fama, guadagno e prestigio. Vedevo che Xiaoyu, la sorella con cui collaboravo, era migliore di me: mi metteva in ombra e mi dava la sensazione che mi avessero tolto l’aureola e ciò mi ha portata a provare sentimenti di invidia, rifiuto e giudizio nei suoi confronti. Sapevo che era stata nominata leader da poco e non conosceva affatto il lavoro, così, quando i leader superiori ci hanno comunicato che dovevamo partecipare alle riunioni per esaminare i problemi nel lavoro, ho fatto in modo che lei fosse presente: pensavo che si sarebbe messa in imbarazzo da sola se non avesse saputo dire nulla durante la riunione e che i leader si sarebbero accorti che nemmeno lei era un granché, impedendole di guadagnare le luci della ribalta. Quando Xiaoyu ha sottolineato i problemi del mio lavoro, ho avuto la sensazione di aver perso la faccia; tuttavia, invece di riflettere su me stessa, ho sfruttato la sua corruzione e l’ho divulgata in lungo e in largo, facendo sì che gli altri la isolassero. In seguito, per questioni di sicurezza, ho potuto svolgere i miei doveri solo in casa. Mentre lei usciva tutti i giorni per lavoro e i fratelli e le sorelle erano ben disposti a condividere con lei, sentivo ancora di più che mi aveva rubato la scena e così la mia invidia si è intensificata, insieme al pregiudizio nei suoi confronti. Quando si sono svolte le elezioni annuali della chiesa, ho sfruttato i problemi di Xiaoyu per ingigantirli, sostenendo che non era adatta a prendervi parte. In questo modo, speravo di assicurarmi che nessuno avrebbe minacciato il mio prestigio. Ho intralciato il procedimento elettorale e ho causato un danno significativo a Xiaoyu. Tali azioni hanno rivelato la mia indole maligna e dimostravano che stavo percorrendo il cammino di un anticristo. Non ho riflettuto su questi fatti per riconoscere la mia natura satanica che si opponeva a Dio, non mi sono pentita né sono cambiata, ma ho invece cercato di espiare le mie trasgressioni soffrendo e spendendomi solo in apparenza, sperando di barattare ciò con una buona destinazione. Cercavo segretamente di contrattare con Dio e questo era, essenzialmente, un tentativo di ingannarLo. Continuare su quel cammino non mi avrebbe permesso di espiare i miei peccati, ma solo di accumulare malefatte e alla fine sarei stata punita da Dio per essermi opposta a Lui. Ripensando al cammino che avevo intrapreso da molti anni nella mia fede in Dio, all’improvviso ho sentito che il mio perseguimento nel corso degli anni era stato del tutto assurdo e in quel momento ho provato disgusto e odio verso me stessa. Volevo solo prendermi a schiaffi. Perché mai non avevo perseguito la verità?!
In seguito, ho letto altre parole di Dio e ho acquisito una certa comprensione della mia natura essenza. Dio dice: “In questo momento, la maggior parte delle persone si trova in questo tipo di stato: ‘Per poter ottenere delle benedizioni mi devo sacrificare per Dio e pagare un prezzo per Lui. Per poter ottenere delle benedizioni devo abbandonare tutto per Dio; devo portare a termine ciò che Lui mi ha affidato e devo compiere bene il mio dovere’. Questo stato è dominato dal desiderio di guadagnarsi benedizioni ed è un esempio di come alcuni si impegnino a fondo per Dio al solo scopo di ricevere ricompense da Lui e di ottenere una corona. Una persona che si comporta in questo modo non ha la verità dentro di sé e di certo la sua conoscenza è limitata ad alcune parole e dottrine, di cui fa sfoggio ovunque vada. Il suo cammino è quello di Paolo. La fede in Dio di un individuo di questo tipo è un atto di costante sforzo, ed egli è intimamente convinto che più fa, più dimostrerà la sua lealtà a Dio, che più fa, più Dio sarà sicuramente soddisfatto, e che più fa, più meriterà di essere incoronato davanti a Dio e più grandi saranno le benedizioni che guadagnerà. Pensa che, se riuscirà a sopportare le sofferenze, a predicare e morire per Cristo, a sacrificare la propria vita e a portare a termine tutti i compiti che Dio gli ha affidato, allora sarà una delle persone che ottengono le benedizioni maggiori e che sicuramente riceverà una corona. Questo è precisamente ciò che Paolo si immaginava e perseguiva. Questo è esattamente il cammino da lui percorso, e fu sotto la guida di questi pensieri che egli lavorò per servire Dio. Tali pensieri e intenzioni non hanno forse origine da una natura satanica? Sono come quelli degli esseri umani terreni, i quali credono che, fintanto che sono al mondo, debbano ricercare la conoscenza e che, dopo averla ottenuta, possano distinguersi dalla massa, diventare funzionari e godere di una posizione di prestigio. Pensano che, una volta ottenuta tale posizione di prestigio, possano realizzare le loro ambizioni e portare la propria professione e le proprie pratiche familiari a determinati livelli di prosperità. Tutti i non credenti non percorrono forse questo cammino? La fede di coloro che sono dominati da questa natura satanica può solo essere come quella di Paolo. Il loro pensiero è: ‘Devo abbandonare ogni cosa al fine di dedicarmi a dio. Devo essere leale davanti a dio e alla fine riceverò grandi ricompense e corone’. È lo stesso atteggiamento delle persone terrene che perseguono cose terrene. Non sono affatto diverse e sono soggette alla stessa natura. Quando gli esseri umani hanno una natura satanica di questa sorta, nel mondo perseguono la conoscenza, l’erudizione, il prestigio, e cercano di distinguersi dalla massa. Se credono in Dio, essi cercheranno di ottenere grandi corone e grandi benedizioni. Se non perseguono la verità nella loro fede in Dio, sicuramente intraprenderanno questa strada. Questo è un fatto immutabile, una legge di natura. Il cammino di chi non persegue la verità è un cammino diametralmente opposto a quello di Pietro” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Come percorrere il cammino di Pietro”). Il mio stato era proprio come Dio ha smascherato. Per ottenere in cambio benedizioni, avevo abbandonato tutto per fare il mio dovere, avevo sofferto e pagato un prezzo; sempre per ricevere benedizioni, avevo perseverato e fatto tutto il possibile per svolgere bene il mio dovere anche quando ero malata e avevo agito in modo particolarmente obbediente e accondiscendente. Ogni mia azione era guidata dal desiderio di ricevere benedizioni. Quando nel mio dovere avevo disturbato il lavoro della chiesa, credevo di aver lasciato macchie e di aver commesso trasgressioni davanti a Dio e pensavo che avrei affrontato la Sua punizione se non avessi fatto ammenda. Pertanto, non osavo trascurare il mio dovere nemmeno quando avevo le vertigini, e prendevo delle medicine mentre svolgevo il mio dovere, ritenendo che questa fosse lealtà verso Dio. Quando nel mio dovere avevo riscontrato dei risultati e avevo visto la guida di Dio, avevo sentito che le benedizioni erano a portata di mano, così l’entusiasmo per il mio dovere era diventato ancora più forte e spesso lavoravo senza lamentarmi anche quando non stavo bene. Quella sofferenza era diventata il mio capitale e credevo che, avendo dato tanto, Dio dovesse approvarmi e concedermi la grazia. Ma in seguito, quando la mia malattia si era acutizzata, mi sentivo scoraggiata e cominciavo a lamentarmi, pensando: “Perché sto così male quando voglio fare il mio dovere? Se non riesco a svolgerlo, come faccio a essere salvata?” Le mie trasgressioni passate erano come una profonda frattura tra me e Dio: ciò mi induceva a pensare di avere solo remote possibilità di essere salvata e a ritenere che soltanto impegnandomi di più per fare ammenda avrei potuto colmare quel divario e ottenere ancora una volta la misericordia di Dio ed essere salvata. In quel momento mi sono resa conto che non capivo affatto la verità né avevo una vera comprensione di Dio. Credevo erroneamente che più si soffre nello svolgimento del proprio dovere, più si può soddisfare Dio. Così, anche quando il mio corpo era oltre il limite, non mi riposavo; pensavo che, se avessi lavorato pur essendo malata, Dio avrebbe visto la mia sofferenza e mi avrebbe approvata e benedetta. La verità è che i requisiti di Dio per le persone non sono elevati. Egli chiede solo che esse facciano i propri doveri nei limiti delle proprie capacità. Eppure, era come se i miei pensieri fossero stati offuscati: praticavo senza sosta secondo le mie nozioni e le mie fantasie, fino ad affaticare il corpo oltre il sopportabile, e continuavo a lamentarmi con Dio perché non mi proteggeva, scaricando tutta la colpa su di Lui. Ero davvero irragionevole e facevo accuse infondate! Mi sono anche resa conto che la mia malattia non era il modo in cui Dio mi eliminava, ma piuttosto un riflesso delle mie intenzioni sbagliate e del cammino errato che stavo percorrendo. Dio stava usando quell’ambiente per rivelare la mia corruzione e le mie carenze, permettendomi di riconoscermi e riflettere su me stessa. Egli mi stava salvando. Io invece non cercavo la Sua intenzione e Lo fraintendevo e mi lamentavo di Lui. Ero veramente priva di coscienza e di ragione. Ho provato un profondo rammarico in cuor mio e ho pregato Dio a gran voce: “Dio, in quest’ultimo anno hai disposto le circostanze per purificarmi e salvarmi, eppure non ho cercato affatto la Tua intenzione. Al contrario, ho sempre perseguito le benedizioni e Ti ho persino frainteso. Sono stata così egoista e spregevole e sono in forte debito con Te. Sono disposta a pentirmi e a cambiare”.
In seguito, ho ascoltato un inno delle parole di Dio che mi è stato di grande aiuto.
Il successo o il fallimento dipendono dalla ricerca dell’uomo
1 In quanto essere creato, l’uomo dovrebbe cercare di adempiere il dovere di essere creato e di amare Dio senza fare altre scelte, perché Egli è degno del suo amore. Coloro che cercano di amare Dio non dovrebbero mirare ad alcun beneficio personale o a ciò che desiderano personalmente; questo è il sistema di ricerca più corretto. Se ciò che cerchi è la verità, ciò che metti in pratica è la verità e ciò che ottieni è un cambiamento nella tua indole, allora la strada che percorri è quella giusta.
2 Se ciò che cerchi sono le benedizioni della carne e ciò che metti in pratica è la verità delle tue nozioni, e se non c’è alcun cambiamento nella tua indole e non sei affatto sottomesso al Dio fattoSi carne e vivi ancora nella vaghezza, ciò che cerchi ti porterà sicuramente all’inferno, perché la strada che percorri è quella del fallimento. Se sarai reso perfetto o eliminato dipende dal tuo perseguimento, vale a dire che il successo o il fallimento dipendono dalla strada che l’uomo percorre.
La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Il successo o il fallimento dipendono dalla strada che l’uomo percorre”
Ho ascoltato l’inno più e più volte e il mio cuore si è illuminato. Mi sono resa conto che Dio non considera quanto lavoro svolge una persona né fin dove arriva la sua apparente sofferenza, ma piuttosto se quella persona persegue di amarLo e soddisfarLo, se compie i doveri secondo le verità principi e se ottiene un cambiamento nella sua indole corrotta. Proprio come Pietro, che perseguì la verità e alla fine arrivò al punto di amare Dio al massimo e di obbedirGli fino alla morte, vivendo così la giusta sembianza di un essere creato. Questo è ciò che Dio approva. Ma se una persona persegue continuamente le benedizioni, concentrandosi solo sul lavorare e soffrire per Dio, senza cercare la verità né agire secondo i principi nei propri doveri, e comunque avanza richieste a Dio e contratta con Lui, però non modifica la propria indole corrotta, allora il suo cammino la condurrà al fallimento. Ho anche capito che l’opera di Dio oggi è quella di ripristinare la coscienza e la ragione dell’umanità, in modo che le persone possano ascoltare le Sue parole, obbedirGli e adorarLo. Questa è la giusta sembianza di un essere creato. Quando l’ho capito, mi sono sentita sollevata e ho compreso in che modo avrei dovuto procedere nelle fasi successive del mio cammino. In seguito, nello svolgimento dei miei doveri, ho riflettuto consapevolmente su me stessa ogni volta che accadeva qualcosa, tenendo conto delle opinioni errate che avevo e dei tipi di indole corrotta che rivelavo; mi sono aperta con le sorelle con cui collaboravo, ho parlato con loro del mio stato e ho cercato le parole di Dio da mettere in pratica e in cui fare ingresso. Grazie a questa pratica, ho acquisito una certa comprensione della mia indole corrotta e i risultati del mio lavoro sono migliorati.
In seguito, mi sono chiesta perché fossi sempre stata vincolata dalle mie trasgressioni e in che modo avrei dovuto gestire questo problema. Un giorno, mi sono imbattuta in un passo delle parole di Dio e ho trovato un cammino di pratica. Dio Onnipotente dice: “Ci saranno di sicuro molte persone che hanno commesso una qualche trasgressione, piccola o grande che sia, ma molto probabilmente sono poche quelle che hanno commesso trasgressioni gravi, del tipo che si spinge oltre i confini morali. Non parleremo qui di coloro che hanno commesso altri tipi di trasgressioni, ma solo di ciò che dovrebbe fare chi ha commesso trasgressioni gravi e che oltrepassano i confini morali e l’etica. Per quanto riguarda coloro che hanno commesso trasgressioni gravi, e qui Mi riferisco a trasgressioni che si spingono al di là dei confini morali, ebbene, non si tratta di offese all’indole di Dio e di violazioni dei Suoi decreti amministrativi. Capite? Non sto parlando di trasgressioni che offendono l’indole, l’essenza, l’identità e il prestigio di Dio, e non sto parlando di trasgressioni che Lo bestemmiano. Mi riferisco alle trasgressioni che oltrepassano i limiti della moralità. C’è inoltre qualcosa da dire sul modo in cui coloro che hanno commesso trasgressioni di questo tipo possono eliminare le loro emozioni di depressione. Queste persone hanno due strade da percorrere, ed è una questione semplice. In primo luogo, se nel cuore senti di poterti lasciare alle spalle quello che hai fatto, o se hai l’opportunità di scusarti con l’altra persona e di rimediare, allora puoi farlo, e nel tuo spirito torneranno sentimenti di pace e serenità; se non hai l’opportunità di farlo, se questo non è possibile, se nell’intimo del tuo cuore conosci veramente il tuo problema, se ti rendi conto della gravità di ciò che hai fatto e provi autentico rimorso, allora dovresti presentarti davanti a Dio per confessarti e pentirti. Ogni volta che pensi a ciò che hai fatto e ti senti in colpa, è proprio quello il momento in cui devi presentarti dinanzi a Dio per confessarti e pentirti, e in cui devi portare alla luce la tua sincerità e i tuoi veri sentimenti per ricevere da Lui l’assoluzione e il perdono. E in che modo puoi essere assolto e perdonato da Dio? Dipende dal tuo cuore. Se veramente ti confessi, riconosci il tuo errore e il tuo problema e, sia che si tratti di una trasgressione che hai commesso sia che si tratti di un peccato, adotti un atteggiamento di genuina confessione, provi odio autentico per ciò che hai fatto e inverti davvero rotta, in modo da non compiere mai più quell’azione sbagliata, allora un giorno Dio ti concederà la Sua assoluzione e il Suo perdono, ossia non determinerà più il tuo esito in base alle cose ignoranti, sciocche e sporche che hai fatto in passato. Quando raggiungerai questo livello, Dio dimenticherà completamente la questione; sarai uguale alle altre persone normali, senza la minima differenza. Tuttavia, il prerequisito perché questo avvenga è che devi essere sincero e avere un autentico atteggiamento di pentimento, come Davide. Quante lacrime versò Davide per la trasgressione che aveva commesso? Innumerevoli. Quante volte pianse? Innumerevoli. Le lacrime che versò possono essere descritte con queste parole: ‘Ogni notte piango tanto che il mio letto galleggia’. Non so quanto sia grave la tua trasgressione. Se è davvero grave, potresti dover piangere fino a quando il tuo letto galleggerà sulle tue lacrime: forse dovrai confessarti e pentirti fino a questo livello prima di poter ricevere il perdono di Dio. Se non lo fai, temo che agli occhi di Dio la tua trasgressione diventerà un peccato e non sarai assolto. A quel punto saresti nei guai e non avrebbe senso aggiungere altro su questo argomento. Pertanto, il primo passo per ricevere l’assoluzione e il perdono da parte di Dio è quello di essere sincero e di agire in maniera concreta per confessarti e pentirti veramente” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (2)”). Dalle parole di Dio ho capito che, nel gestire le mie trasgressioni, devo prima presentarmi davanti a Lui, confessarmi al Suo cospetto e riflettere su me stessa. Poi devo cercare la verità sulle mie trasgressioni per comprendere e odiare davvero me stessa, diventando così veramente capace di pentirmi. Proprio come Davide che, dopo aver commesso una trasgressione, era in grado di pentirsi con sincerità della sua azione davanti a Dio e di non commetterla mai più. Questo sincero cuore di pentimento era molto prezioso! Non potevo più eludere le mie trasgressioni. Dovevo confessare i miei peccati a Dio e pentirmi, assicurandomi che non avrei commesso atti simili in futuro. In seguito, quando mi sono ritrovata a perseguire fama e prestigio nel mio dovere, ho pregato Dio, chiedendoGli di maledirmi e punirmi affinché non agissi più secondo la mia indole corrotta. Grazie a questa pratica, la mia determinazione a ribellarmi alla carne si è rafforzata. In passato, mi preoccupavo molto di come gli altri mi percepivano e volevo sempre proteggere la mia immagine nel cuore altrui. Invece, ora mi apro consapevolmente e smaschero la mia corruzione e, grazie a questa pratica, il mio cuore è tranquillo e sereno. Quando incontro problemi nel mio dovere, adesso sono in grado di cercare consapevolmente le parole di Dio e i principi, non sono più vincolata dalle mie trasgressioni passate e dentro di me provo un maggiore senso di liberazione.
La malattia ha smascherato i miei punti di vista fallaci e mi ha aperto gli occhi sul cammino sbagliato che avevo intrapreso nella mia fede. Se non fosse stato per tali circostanze, non avrei acquisito alcuna consapevolezza di me stessa ma avrei proseguito su quel cammino; alla fine non avrei ottenuto nulla e sarei stata eliminata. Per il futuro, sono disposta a praticare secondo le parole di Dio e a svolgere il dovere di un essere creato per soddisfare il cuore di Dio e ripagare il Suo amore.