21. Riflessioni di una paziente con uremia
Ho accettato l’opera di Dio Onnipotente degli ultimi giorni quando avevo quarant’anni. Ho capito che l’opera di Dio degli ultimi giorni è salvare le persone, e che solo presentandosi davanti a Dio, leggendo le Sue parole e svolgendo i propri doveri si può comprendere e acquisire la verità, ottenere la Sua cura e protezione e, infine, avere la possibilità di entrare nel Suo regno. Poco dopo ho iniziato a svolgere i miei doveri. Non importava quale dovere la chiesa avesse predisposto per me, non rifiutavo mai. Pensavo solo a come svolgerlo bene. In seguito, la mia pressione sanguigna ha raggiunto i 220 mmHg, così mi hanno somministrato una terapia endovenosa per abbassarla, ma non ho lasciato che questo mi impedisse di svolgere i miei doveri. Ho pensato: “Finché farò sinceramente il mio dovere, Dio mi proteggerà”. Per anni, ho continuato a svolgere i miei doveri con la pioggia o con il sole, pensando di essere una vera credente che aveva l’approvazione di Dio. Invece, una malattia improvvisa ha messo a nudo il mio vero io.
Era l’autunno del 2009. Un giorno, ho sentito un improvviso rigonfiamento e un dolore a entrambe le gambe, che hanno cominciato a gonfiarsi. Poco dopo, anche il mio viso e i miei occhi si sono gonfiati, tutto il volto si è deformato e non riuscivo ad aprire gli occhi. Mia figlia mi ha portata in ospedale per un controllo. Il medico ha detto che avevo un’atrofia renale che interessava entrambi i reni che si sarebbe potuta trasformare in uremia e, se si fosse aggravata, avrebbe potuto portare alla morte. Quando ho sentito questa notizia, sono rimasta scioccata. Se le cose fossero continuate così, la morte non sarebbe stata lontana. Avevo iniziato a svolgere i miei doveri solo pochi mesi dopo aver trovato Dio e, con la pioggia o con il sole, o perfino se ero malata, non avevo mai smesso di fare il mio dovere. Nel corso degli anni, non solo avevo sofferto e mi ero sfinita per svolgere i miei doveri, ma avevo anche dovuto sopportare incomprensioni, prese in giro e insulti da parte dei miei parenti. Non era forse sufficiente questo tipo di sforzo? Non bastava ancora per ottenere la protezione di Dio? Ho ripensato a quando Lo avevo incontrato per la prima volta e avevo grandi speranze per la vita nel regno, ma di fronte a una malattia così grave che poteva mettere a repentaglio la mia vita in qualsiasi momento, mi chiedevo se avrei avuto ancora la possibilità di accedervi. Sembrava che quella splendida destinazione non avesse più nulla a che fare con me. Più ci pensavo, più mi sentivo ferita, e ho perso la motivazione a fare il mio dovere. Sono sprofondata nella negatività. Ho pregato Dio: “Oh Dio, non capisco perché sto affrontando questa malattia e nel mio cuore ho delle lamentele contro di Te. So che è sbagliato, perciò Ti prego di illuminarmi e guidarmi affinché comprenda la Tua intenzione”.
In seguito, ho letto un passo delle parole di Dio: “Gli individui pensano: ‘Siccome ora credo in Dio, allora Gli appartengo ed Egli dovrebbe prenderSi cura di me, del mio vitto e alloggio, del mio futuro e destino, oltre che della mia incolumità personale, compresa quella della mia famiglia, e garantire che vada tutto bene per me, che vada tutto tranquillamente e senza incidenti’. E se i fatti non sono come le persone pretendono e immaginano, esse pensano: ‘Credere in Dio non è positivo o facile come immaginavo. Si scopre che devo ancora subire tutte queste persecuzioni e tribolazioni e superare molte prove nella mia fede in Dio; perché Egli non mi protegge?’ Questo ragionamento è giusto o sbagliato? È conforme alla verità? (No.) Allora non dimostra forse che costoro pongono richieste irragionevoli a Dio? Perché gli individui che fanno un simile ragionamento non pregano Dio o non ricercano la verità? Dietro il fatto che Dio porta gli uomini a imbattersi in cose di questo tipo c’è naturalmente la Sua buona volontà; perché essi non capiscono le intenzioni di Dio? Perché non riescono a collaborare alla Sua opera? Dio fa intenzionalmente in modo che gli individui si imbattano in cose di questo genere, affinché possano ricercare e acquisire la verità, affinché vivano facendo affidamento su di essa. Tuttavia le persone non ricercano la verità, bensì valutano sempre Dio usando le loro nozioni e fantasie; è questo il loro problema. È così che devi intendere queste cose spiacevoli: nessuno trascorre tutta la sua vita senza sofferenza. Per alcuni riguarda la famiglia, per altri il lavoro, per altri ancora il matrimonio oppure le infermità fisiche. Tutti devono soffrire. Alcuni dicono: ‘Perché bisogna soffrire? Come sarebbe bello vivere tutta la vita in pace e felicità. Possiamo evitare di soffrire?’ No: tutti devono soffrire. La sofferenza induce gli esseri umani a sperimentare la miriade di sensazioni della vita fisica, che si tratti di sensazioni positive o negative, attive o passive; la sofferenza ti offre emozioni ed esperienze diverse, che per te sono tutte le tue esperienze nella vita. Questo è un aspetto, ed è allo scopo di rendere le persone più esperte. Se in base a questo saprai ricercare la verità e comprendere le intenzioni di Dio, ti avvicinerai sempre più ai criteri che Dio ti richiede. Un altro aspetto è che questa è la responsabilità che Dio assegna all’uomo. Quale responsabilità? Questa è la sofferenza che dovresti patire. Se riesci ad assumerti questa sofferenza e a sopportarla, allora questa è una testimonianza, e non qualcosa di cui vergognarsi” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Solo eliminando le proprie nozioni si può intraprendere il giusto cammino della fede in Dio (1)”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho capito che ogni situazione e ogni episodio di sofferenza che affrontiamo porta con sé le Sue intenzioni, e questi rientrano tutti nei limiti di ciò che la statura di una persona può sopportare. Dobbiamo cercare la verità e le intenzioni di Dio, e non aggrapparci alle nostre nozioni né vedere le cose dalla nostra prospettiva. Se guardiamo le cose dalla prospettiva della carne, vivremo nella sofferenza e penseremo che la malattia non sia una cosa positiva. Invece, se accettiamo queste cose da Dio e cerchiamo la verità, potremo apprendere delle lezioni grazie alla malattia, che quindi diventerà una cosa positiva. Riflettendo sulla mia reazione alla malattia, pensavo che in tutti questi anni di fede in Dio e di svolgimento dei miei doveri, sia che si trattasse di affrontare le calunnie e gli scherni di parenti e vicini, sia che si trattasse di sopportare vento, pioggia, freddo pungente o caldo torrido, non avevo mai smesso di svolgere i miei doveri, quindi ho creduto che Dio avrebbe dovuto proteggermi dalle gravi malattie e che, alla fine, sarei vissuta abbastanza da entrare nel regno di Dio. Questo era esattamente lo stato che Dio rivela nelle Sue parole: “Siccome ora credo in Dio, allora Gli appartengo ed Egli dovrebbe prenderSi cura di me, del mio vitto e alloggio, del mio futuro e destino, oltre che della mia incolumità personale.” Quando ho capito che Dio non mi proteggeva come avevo immaginato, ho iniziato a lamentarmi di Lui, usando i miei sacrifici e lo spendermi come capitale per discutere con Dio e ho cominciato a svolgere i doveri in modo superficiale. Dov’erano finite l’umanità e la ragione che mi appartenevano? I miei sacrifici e il mio spendermi precedenti non erano nemmeno stati sinceri! Se non fosse stato per questa situazione che mi aveva messa a nudo, non mi sarei resa conto del mio secondo fine e della mia errata prospettiva di credere in Dio per ottenere benedizioni. Dopo averlo capito, non ho provato più tanto dolore nel mio cuore e sono stata disposta a sottomettermi e a continuare a svolgere i miei doveri mentre assumevo i farmaci. A poco a poco il mio stato è migliorato e la mia malattia si è lievemente attenuata. Anche se ogni tanto le gambe si gonfiavano ancora, questo non mi limitava e continuavo a predicare attivamente il Vangelo.
Nell’inverno del 2018, all’improvviso ho notato una protuberanza sul piede; il piede mi faceva così male che non riuscivo ad appoggiarci il peso, e avevo bisogno che mia figlia mi aiutasse a camminare. Dopo essere andata in ospedale, il medico ha diagnosticato la gotta e ha scoperto che i miei livelli di creatinina erano aumentati da oltre 200 µmol/L a oltre 500 µmol/L: la mia uremia era già in stadio avanzato. Il medico, temendo che non fossi in grado di sopportare la verità, mi ha nascosto la gravità della condizione. Inizialmente non ero troppo preoccupata per la mia malattia, ma il quarto giorno, quando mia figlia all’improvviso mi ha fatto domande sull’organizzazione del funerale, ho capito che le mie condizioni erano peggiorate. Mi tremava il cuore e pensavo: “È possibile che non mi resti molto tempo e che io stia per morire?” Non osavo pensarci, quindi ho pregato Dio: “Oh Dio, la mia vita e la mia morte sono nelle Tue mani. Sono disposta a sottomettermi alle Tue orchestrazioni e alle Tue disposizioni”. Pochi giorni dopo, ho scoperto che la mia malattia era effettivamente in stadio avanzato e, in quel momento, non riuscivo a far smettere le mani di tremare e non ero nemmeno capace di tenere in mano una tazza. Non potevo accettare questa realtà e mi chiedevo se il medico non avesse in qualche modo commesso un errore. Mi domandavo: “Com’è possibile che la mia malattia sia peggiorata così rapidamente? Credo in Dio, quindi di sicuro Lui non mi lascerà morire così facilmente”. Poi ho riflettuto: “Mi è stata diagnosticata un’uremia in stadio avanzato. Che senso ha non crederci? Questa è la realtà”. Mi sentivo come se la mia vita stesse per finire ed ero piena di dolore e disperazione. Quando pensavo al fatto che non mi restava molto tempo e che non avrei potuto vedere la bellezza del regno, mi sentivo riluttante ad accettare la mia sorte e pensavo: “Cosa ho guadagnato da tutti i miei anni di sforzi? Ho svolto i miei doveri per tutto questo tempo, quindi perché la mia malattia continua a peggiorare?” Avevo la sensazione che Dio fosse davvero ingiusto nei miei confronti. Di notte, mentre ero a letto, pensavo a una donna che aveva fatto affari con noi. Aveva avuto la mia stessa malattia e, dopo la diagnosi, era tornata a casa ed era morta nel giro di dieci giorni. Sentivo che anche la mia morte era vicina e che il conto alla rovescia era iniziato. Mi sembrava di essere già morta, quindi che senso aveva leggere le parole di Dio? Il mio stato è rimasto negativo per oltre venti giorni e ho vissuto con grande dolore. Sapevo di essermi allontanata da Dio, perciò L’ho chiamato a gran voce chiedendoGli di illuminarmi. Poi mi sono ricordata di un inno delle parole di Dio:
Le prove richiedono fede
1 Mentre subiscono le prove è normale che gli uomini siano deboli o abbiano in sé della negatività, o manchino di chiarezza riguardo alle intenzioni di Dio o alla loro via della pratica. Ma tu comunque devi avere fede nell’opera di Dio e non rinnegarLo, proprio come Giobbe. Sebbene fosse debole e maledicesse il giorno in cui era nato, Giobbe non negò che tutte le cose della vita umana fossero elargite da Jahvè e che Jahvè è anche Colui che le toglie tutte. Non importa quante prove dovette sostenere: egli mantenne questa fede.
2 Nella tua esperienza, indipendentemente da quale raffinamento tu subisca attraverso le parole di Dio, ciò che Dio vuole dall’umanità, in sintesi, è la fede e un cuore che Lo ama. Ciò che Egli perfeziona operando in questo modo è la fede, l’amore e la determinazione degli uomini. […]
La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Coloro che devono essere resi perfetti devono essere sottoposti a raffinamento”
Riflettendo sulle parole di Dio, il mio cuore si è illuminato. A quanto pare Egli predispone persone, eventi e cose per perfezionare la nostra fede. Ho pensato a Giobbe che aveva sopportato grandissime prove: la sua ricchezza era stata saccheggiata, i suoi figli erano morti e lui era stato coperto di piaghe dolorose, eppure non si era mai lamentato e aveva continuato ad avere fede in Dio, rimanendo saldo nella sua testimonianza per Lui. Le azioni di Dio non sono in linea con le nozioni umane, e quando le persone non riescono a capirle chiaramente né a comprendere le Sue intenzioni, hanno bisogno della fede per sperimentarle. Quando me ne sono resa conto, il mio cuore si è rasserenato molto.
In seguito, ho riflettuto ancora. Quando ho saputo di avere l’uremia in stadio avanzato, ho vissuto nella paura e nel terrore: la verità era che temevo la morte. Così ho letto un brano delle parole di Dio riguardo al mio stato. Dio Onnipotente afferma: Dio Onnipotente dice: “Perché non sono in grado di sfuggire alla sofferenza derivante dal timore della morte? Quando alcune persone affrontano la morte, se la fanno sotto senza riuscire a trattenersi; altre tremano, svengono, si scagliano contro il Cielo e contro l’uomo; altre ancora addirittura gemono e piangono. Queste non sono affatto le reazioni naturali che si verificano d’improvviso quando la morte si avvicina. Gli uomini si comportano in questi modi imbarazzanti principalmente perché, nel profondo del cuore, temono la morte, perché non hanno una conoscenza chiara e un apprezzamento della sovranità di Dio e delle Sue disposizioni, né tantomeno vi si sottomettono. Gli uomini reagiscono in questo modo perché vogliono soltanto organizzare e governare ogni cosa da soli, controllare il proprio destino, la propria vita e la propria morte. Non c’è da stupirsi, dunque, che non riescano mai a sfuggire al timore della dipartita” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico III”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho capito che quando si trovano di fronte alla morte, le persone provano paura e terrore perché non comprendono la sovranità e le disposizioni del Creatore. La vita e la morte dell’uomo sono sotto il controllo di Dio e non sono cose che gli uomini possono decidere da soli. Nessuno può controllare il proprio destino. Ho pensato a come Dio avesse detto che Giobbe, dopo aver compiuto la missione della sua vita, aveva affrontato la morte serenamente, e ne sono rimasta profondamente commossa. Giobbe temeva Dio ed evitò il male per tutta la vita, senza mai cercare di negoziare con Lui né avanzare richieste. Ringraziava Dio quando Dio gli dava qualcosa e si sottometteva quando gliela portava via. A prescindere da come Dio lo trattasse, fu capace di sottomettersi e riuscì ad affrontare la morte serenamente. Invece, quando io avevo saputo che la mia uremia era in stadio avanzato e che non avrei vissuto ancora a lungo, mi sono lamentata con Dio. Non avevo alcuna sottomissione verso di Lui e non avevo un cuore che Lo teme. Non potevo continuare a vivere in questo modo. Ho deciso di seguire l’esempio di Giobbe, di mettere la mia vita nelle mani di Dio e di essere alla mercé della Sua sovranità e delle Sue disposizioni. Finché fossi stata viva, avrei fatto il mio dovere al meglio delle mie capacità e, quando la morte mi avrebbe raggiunta, l’avrei affrontata con serenità e mi sarei sottomessa alle orchestrazioni e alle disposizioni di Dio. Dopo essere giunta a questa consapevolezza, mi sono sentita molto sollevata.
In seguito, ho riflettuto: “Perché quando mi sono trovata di fronte alla malattia, mi sono lamentata con Dio per avermi trattata ingiustamente?” Ho letto altre Sue parole: “Gli esseri umani non sono qualificati per avanzare richieste a Dio. Non vi è nulla di più irragionevole che avanzare richieste a Dio. Egli farà ciò che deve fare, e la Sua indole è giusta. La giustizia non è affatto equità o ragionevolezza; non è egualitarismo, né è questione di assegnarti ciò che meriti a seconda di quanto lavoro hai portato a termine o di pagarti per il lavoro che hai svolto, né di darti il dovuto in base all’impegno che ci hai messo. Questa non è giustizia, è semplicemente essere equi e ragionevoli. Pochissime persone sono capaci di conoscere l’indole giusta di Dio. Supponiamo che Dio avesse eliminato Giobbe dopo che questi Lo ebbe testimoniato: sarebbe stato giusto? In effetti, sì. Perché questo si definisce giustizia? Le persone come valutano la giustizia? Se una cosa è in linea con le nozioni umane, è allora molto facile dire che Dio è giusto; se però si vede che quella cosa non è in linea con le proprie nozioni, se è qualcosa che si è incapaci di comprendere, sarà allora difficile dire che Dio è giusto. […] L’essenza di Dio è giustizia. Anche se non è facile comprendere ciò che Egli fa, tutto ciò che fa è giusto; semplicemente gli esseri umani non lo capiscono. Quando Dio consegnò Pietro a Satana, come rispose Pietro? ‘L’umanità è incapace di conoscere a fondo ciò che Tu fai, ma tutto ciò che fai racchiude la Tua buona volontà; vi è giustizia in tutto. Come posso non lodare totalmente la Tua saggezza e le Tue opere?’ Ora dovresti capire che, mentre salva l’uomo, Dio non distrugge Satana affinché gli uomini possano vedere chiaramente come e fino a che punto Satana li ha corrotti e come Dio li purifica e li salva. Alla fine, quando gli uomini avranno compreso la verità e avranno visto chiaramente il volto odioso di Satana e il peccato mostruoso della corruzione che Satana ha operato in loro, Dio distruggerà Satana, mostrando loro la Sua giustizia. Il momento in cui Dio distruggerà Satana, sarà colmo dell’indole e della saggezza di Dio. Tutto ciò che Dio fa è giusto. Benché gli esseri umani possano non essere in grado di percepire la giustizia di Dio, non dovrebbero emettere giudizi a piacimento. Se una cosa che Egli fa ti sembra irragionevole o se hai delle nozioni al riguardo e questo ti induce a dire che Egli non è giusto, allora sei davvero irragionevole. Vedi che Pietro trovava incomprensibili alcune cose, ma era certo che fosse presente la saggezza di Dio e che in tali cose vi fosse la Sua buona volontà. Gli esseri umani non possono comprendere a fondo tutto; vi sono tante cose che non riescono a capire. Perciò conoscere l’indole di Dio non è una cosa facile” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho capito che la Sua indole giusta non riguarda l’equità, la ragionevolezza o la ricompensa degli sforzi, come avevo immaginato. Non è che, per quanto io sembri dare, Dio debba ricambiarmi. L’indole giusta di Dio è determinata dalla Sua essenza. Tutte le azioni di Dio sono giuste e dietro di esse risiedono le Sue buone intenzioni. Tuttavia, pensavo che l’impegno determinasse una ricompensa e che più davo nel mio dovere, più Dio avrebbe dovuto ricompensarmi. Quindi, quando ho fatto dei sacrifici e mi sono spesa nella mia fede in Dio, credevo che avrei dovuto ricevere la Sua protezione e le Sue benedizioni ed essere portata nel Suo regno, altrimenti Lo avrei ritenuto ingiusto. La mia comprensione della giustizia di Dio era assurda! Dio è il Creatore, e io sono semplicemente un essere creato. Non importa il modo in cui Lui predispone le cose o mi tratta, poiché è sempre giusto e appropriato. Se Dio mi benedice, Egli è giusto; se non lo fa, è giusto comunque. Se valuto Dio in base alle mie nozioni, Gli oppongo resistenza. Mi sono ricordata che Lui una volta ha affermato: “Alle persone che sono impure non è permesso entrare nel Regno, a insudiciare il suolo sacro. Anche se forse hai svolto molto lavoro e lavorato per molti anni, alla fine sei ancora deplorevolmente lurido, pertanto sarà intollerabile per la legge del Cielo che tu voglia entrare nel Mio Regno!” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Il successo o il fallimento dipendono dalla strada che l’uomo percorre”). “Io decido la destinazione di ciascuna persona non in base all’età, all’anzianità, alla quantità di sofferenza, né men che meno, al grado in cui suscita compassione, ma in base al fatto che possieda la verità. Non c’è altro criterio di scelta che questo” (La Parola, Vol. 1: La manifestazione e l’opera di Dio, “Prepara sufficienti buone azioni per la tua destinazione”). Dio determina la destinazione di una persona in base al fatto che possieda o meno la verità, non ai suoi apparenti sacrifici e a quanto si spenda. Solo acquisendo la verità, una persona può ottenere un buon esito. Se qualcuno non ottiene la verità ma è ancora pieno dell’indole corrotta di Satana e usa i suoi sacrifici e il suo spendersi per cercare di stringere accordi con Dio e ingannarLo, un individuo del genere è odiato da Lui e non è degno di entrare nel regno. Questa è la Sua giustizia. Credevo in Dio con una mentalità orientata alle transazioni e agli scambi e desideravo usare la mia apparente sofferenza e il mio spendermi per ottenere le Sue benedizioni. Stavo ingannando e sfruttando Dio. Come avrei potuto ricevere la Sua approvazione o entrare nel regno in quel modo? Ho pensato ai sacrifici e allo spendersi di Paolo. Predicò il Vangelo del Signore Gesù ovunque, anche in gran parte d’Europa, e fondò numerose chiese. Alla fine affermò: “Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. Ormai mi è riservata la corona di giustizia” (2 Timoteo 4:7-8). Paolo usò i suoi sacrifici e lo spendersi come capitale per esigere da Dio una corona di giustizia e, alla fine, fu gettato all’inferno per essere punito. La mia prospettiva sulla fede in Dio era la stessa di Paolo. Quando il mio desiderio di benedizioni era stato infranto, mi ero lamentata di Dio. Se non mi fossi pentita, non mi sarei ritrovata ad avere lo stesso destino di Paolo?
Più tardi, durante la condivisione con i fratelli e le sorelle, una sorella ha trovato un brano della parola di Dio adatto alla mia situazione: “Tutti gli esseri umani corrotti vivono per sé stessi. Ognuno per sé e che gli altri si arrangino: questo è il riassunto della natura umana. Le persone credono in Dio per il proprio interesse; quando rinunciano alle cose e si spendono per Dio, lo fanno per essere benedette e, quando Gli sono leali, è ancora per essere ricompensate. Insomma, agiscono solo al fine di essere benedette e ricompensate ed entrare nel Regno dei Cieli. Nella società lavorano per il proprio vantaggio personale, mentre nella casa di Dio svolgono un dovere per essere benedette. È al fine di ottenere benedizioni che le persone rinunciano a tutto e riescono a sopportare molte sofferenze. Non vi è prova migliore della natura satanica dell’uomo” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Parte terza”). Dopo aver letto la parola di Dio, ho capito che dopo anni di fede in Lui, in cui avevo rinunciato e mi ero spesa, tutto era stato fatto solo per ottenere benedizioni. Volevo che Dio mi proteggesse, mi tenesse al sicuro, lontana da malattie o catastrofi. Questo era un tentativo di stipulare un accordo con Dio. Vivevo secondo i veleni satanici del “Non fate nulla senza un tornaconto” e “Ognuno per sé e che gli altri si arrangino”, con il “profitto” al centro di tutte le mie azioni. Non importa quanto fosse difficile o stancante, finché portava dei benefici, pensavo che ne valesse la pena. Quando ho sentito che facendo il proprio dovere nella fede in Dio si potevano ottenere la Sua protezione e una buona destinazione, ho rinunciato alle cose e mi sono spesa e, a prescindere da quanta sofferenza avrebbe comportato o dal prezzo, pensavo che ne valesse la pena. Tuttavia, quando ho scoperto di avere l’uremia e che addirittura rischiavo di perdere la vita, credevo che, se fossi morta, non sarei entrata nel regno e non avrei ricevuto benedizioni, quindi non volevo più leggere la parola di Dio né pregare, perfino lamentandomi di Lui, discutendo, scagliandomi contro di Lui e giudicandoLo ingiusto. Ho utilizzato i sacrifici e il mio spendermi per avanzare richieste a Dio e per richiedere una ricompensa per le mie azioni. Dov’erano finite l’umanità e la ragione che mi appartenevano? Ero stata così egoista e propensa all’inganno! Come avrebbero mai potuto ottenere l’approvazione di Dio tali sacrifici? La Sua opera è salvare le persone e permettere loro di ottenere un cambiamento dell’indole, nonché ricevere la salvezza di Dio attraverso il perseguimento della verità nello svolgimento dei propri doveri. Invece, io credevo in Dio e facevo i miei doveri solo per ricevere benedizioni. Ho capito che vivere seguendo i veleni satanici mi rendeva davvero egoista e spregevole. Non potevo più vivere così e volevo pentirmi davanti a Dio. In seguito, ho svolto il dovere di ospitare e mi sono sentita felice e serena nel profondo. Ho capito che solo trattando i doveri come una mia responsabilità posso vivere una vita significativa.