28. I genitori possono cambiare il destino dei propri figli?
Dopo aver accettato l’opera di Dio Onnipotente degli ultimi giorni, nutrendomi delle parole di Dio, ho capito che solo credendo in Lui e adorandoLo l’umanità può avere un buon destino e una buona destinazione; inoltre, ho compreso che, in questo mondo oscuro e malevolo, la fede in Lui è l’unico cammino giusto nella vita. A quel tempo mio figlio frequentava le scuole medie e io gli parlavo spesso del credere in Dio, gli dicevo che gli esseri umani sono stati creati da Dio e che quindi dovrebbero credere in Lui e adorarLo e nel mio cuore speravo che mio figlio credesse in Dio insieme a me. In questo modo, avrebbe potuto ricevere la Sua cura e la Sua protezione e avere una buona destinazione. Poco dopo aver iniziato a credere in Dio, ho cominciato a fare il mio dovere nella chiesa ma, poiché il Partito Comunista Cinese arrestava e perseguitava i cristiani e diffondeva ovunque voci infondate, mio marito ha incominciato a ostacolarmi e a perseguitarmi, temendo che potessi venire arrestata per la mia fede e che anche la mia famiglia ne sarebbe rimasta coinvolta, così discutevamo di frequente. Mio figlio, invece, sosteneva molto la mia fede e spesso cercava di convincere suo padre a non ostacolarmi. Quando mio figlio tornava a casa nei fine settimana, condividevo sempre storie della Bibbia e leggevo le parole di Dio insieme a lui non appena avevo tempo. A volte, nel vederlo che guardava la TV e non leggeva attivamente le parole di Dio, mi sentivo in ansia e continuavo a chiedergli di leggere le parole di Dio con me. Lui accettava a parole, ma poi rimaneva seduto senza muoversi e io mi arrabbiavo e talvolta lo rimproveravo. Quando mi vedeva arrabbiata, si avvicinava rapidamente per leggere qualche passo delle parole di Dio. Mi rendevo conto che si limitava a fare le cose insieme a me in modo meccanico, però sentivo che, in ogni caso, era meglio così piuttosto che non leggesse affatto le parole di Dio. Dopo che ha iniziato le scuole superiori, ho cominciato a svolgere il mio dovere in una chiesa vicina e, ogni volta che arrivava il fine settimana, facevo del mio meglio per tornare a casa in modo da poter parlare con mio figlio del credere in Dio. In seguito, ha iniziato l’università e gli ho comprato un lettore MP5 perché potesse portarlo con sé e trovare il tempo per leggere le parole di Dio. Dopo un po’ ho iniziato a chiamarlo per ricordarglielo, dicendogli di “prendere degli integratori”, sottintendendo che avrebbe dovuto leggere di più le parole di Dio. Quando è tornato a casa per le vacanze, la prima cosa che gli ho chiesto è stata: “Hai letto le parole di Dio all’università?” Lui mi ha risposto che, quando aveva tempo, lo faceva e allora mi sono sentita sollevata.
Nella primavera del 2011, qualcuno ha segnalato la mia fede alle autorità e così, per evitare di essere arrestata dal Partito Comunista Cinese, ho dovuto andarmene di casa per svolgere i miei doveri. A quel tempo, mio figlio frequentava il secondo anno in un’università molto lontana e io percorrevo decine di chilometri solo per trovare un telefono pubblico per chiamarlo e gli ricordavo: “Non dimenticare di ‘prendere gli integratori’”. Quando mi prometteva che lo avrebbe fatto, mi sentivo più tranquilla. Avevo sempre sperato che, dopo la laurea, potesse unirsi a me nel credere in Dio e spesso pregavo Dio, chiedendoGli di smuovere il cuore di mio figlio e di guidarlo a credere in Lui. Le cose, però, non sono andate come desideravo. Nell’autunno del 2013, dopo la laurea, mio figlio è andato in un’accademia militare. Allora ero in ansia: “Il Partito Comunista Cinese è un partito ateo e non permette al personale militare di avere fede. Dopo aver frequentato l’accademia, non solo mio figlio non avrà il permesso di leggere le parole di Dio, ma sarà anche sottoposto ogni giorno al lavaggio del cervello da parte del Partito Comunista e indottrinato con idee atee. Di questo passo, sicuramente si allontanerà sempre di più da Dio. Sarà ancora in grado di arrivare a credere in Lui?” In quegli anni avevo sempre sperato che lui arrivasse a credere in Dio e avesse una buona destinazione, ma ora quel mio desiderio si era completamente infranto. Quando pensavo a mio figlio in quell’abisso infernale, non riuscivo a mangiare né a dormire e non potevo fare a meno di piangere. Ripensavo a quando era alle superiori e tornava a casa una volta ogni due settimane e spesso io non riuscivo a rientrare in tempo a causa dei miei doveri. In seguito, quando me ne ero andata da casa per svolgere i miei doveri, non avevo più avuto il tempo di condividere con lui. Sentivo che, se avessi svolto i miei doveri sul posto, avrei potuto leggere più parole di Dio con lui e guidarlo maggiormente e che forse non avrebbe intrapreso il cammino sbagliato. Questo pensiero mi dava la sensazione di non aver adempiuto le mie responsabilità di madre e mi sentivo in debito con mio figlio. E ancora di più ero preoccupata per il suo futuro e il suo destino. Successivamente, c’erano molti giovani fratelli e sorelle nella chiesa che avevano circa la stessa età di mio figlio e li vedevo credere in Dio e percorrere il giusto cammino, mentre lui era fuori a perseguire il mondo. Ho sempre provato rimorso riguardo a mio figlio, mi sentivo in colpa per non essermi impegnata maggiormente con lui e di non aver letto di più le parole di Dio insieme a lui. Quando non ero impegnata con i miei doveri, pensavo a lui e mi sentivo piena di sensi di colpa e di dolore.
In seguito, ho letto due passi delle parole di Dio e sono riuscita ad abbandonare alcune delle mie preoccupazioni in merito a mio figlio. Dio Onnipotente dice: “Oltre alla nascita e all’educazione dei figli, la responsabilità dei genitori nella vita dei figli consiste semplicemente nell’offrire loro un ambiente formale in cui crescere, poiché solo la predestinazione del Creatore influisce sul destino di una persona. Nessuno può controllare il tipo di futuro che un individuo avrà; esso è prestabilito con largo anticipo e neppure i genitori possono cambiare il suo fato. Per quanto concerne il destino, tutti gli uomini sono indipendenti e tutti hanno il proprio. Così i genitori non possono ostacolare il destino di una persona nella vita o esercitare il minimo influsso sul ruolo che essa svolge nell’esistenza” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico III”). “È sbagliato dire: ‘Se i figli non seguono la retta via dipende dai genitori’. Di chiunque si tratti, se è un determinato tipo di persona, percorrerà un determinato cammino. Non è forse certo? (Sì.) Il cammino che un individuo intraprende determina ciò che egli è. Il cammino che egli intraprende e il tipo di persona che diventa dipendono da lui. Sono cose predestinate, innate, e hanno a che fare con la natura della persona. A cosa serve quindi l’educazione dei genitori? Può forse governare la natura di una persona? (No.) L’educazione dei genitori non può governare la natura umana e non può risolvere il problema del cammino che una persona intraprende. Qual è l’unica educazione che i genitori possono fornire? Alcuni semplici comportamenti nella vita quotidiana dei figli, alcuni pensieri e regole di comportamento piuttosto superficiali: queste sono cose che hanno qualcosa a che fare con i genitori. Prima che i figli raggiungano l’età adulta, i genitori dovrebbero adempiere alla propria responsabilità, che è quella di educare i figli a seguire la retta via, a studiare duramente e a impegnarsi per essere in grado di elevarsi al di sopra degli altri una volta cresciuti, senza compiere cattive azioni né diventare cattive persone. I genitori dovrebbero inoltre regolare il comportamento dei figli, insegnare loro a essere educati e a salutare gli anziani ogni volta che li incontrano, e insegnare loro altre cose relative al comportamento: questa è la responsabilità che i genitori dovrebbero assolvere. Prendersi cura della vita dei figli ed educarli con alcune regole fondamentali di comportamento: ecco cosa l’influenza dei genitori coinvolge. Per quanto riguarda la personalità del figlio, non è qualcosa che i genitori possono insegnare. Alcuni genitori sono lenti e fanno tutto con calma, mentre i loro figli hanno scarsa pazienza e non riescono a stare fermi neanche per poco. A 14 o 15 anni si emancipano per guadagnarsi da vivere, decidono tutto da soli, non hanno bisogno dei genitori e sono molto indipendenti. Questo viene insegnato loro dai genitori? No. Pertanto, la personalità, l’indole e persino l’essenza di un individuo, così come il cammino che sceglierà in futuro, non hanno assolutamente nulla a che fare con i suoi genitori. […] C’è un problema nell’espressione ‘Per un padre, nutrire senza insegnare è una mancanza’. Sebbene i genitori abbiano la responsabilità di educare i propri figli, il destino di un figlio non è determinato dai genitori, ma dalla sua natura. L’educazione può forse risolvere il problema della natura di un figlio? Non può assolutamente risolverlo. Il cammino che una persona intraprende nella vita non è determinato dai suoi genitori, bensì prestabilito da Dio. Si dice: ‘Il fato dell’uomo è determinato dal Cielo’, e questo detto è condensato dall’esperienza umana. Prima che un individuo raggiunga l’età adulta, non puoi dire quale strada intraprenderà. Una volta diventato adulto, quando avrà dei pensieri e saprà riflettere sui problemi, sceglierà cosa fare là fuori nella comunità più ampia. Alcuni dicono di voler diventare alti funzionari, altri di voler diventare avvocati, altri ancora di voler diventare scrittori. Ognuno ha le proprie scelte e le proprie idee. Nessuno dice: ‘Aspetterò che i miei genitori mi istruiscano. Diventerò qualsiasi cosa i miei genitori mi istruiscano a diventare’. Nessuno è così sciocco. Una volta che le persone raggiungono l’età adulta, le loro idee cominciano a smuoversi e maturano gradualmente, e così il cammino e gli obiettivi che hanno davanti si fanno sempre più chiari. A quel punto, a poco a poco, diventa evidente e manifesto il tipo di persona che sono e il gruppo di cui fanno parte. Da quel momento in poi, la personalità di ogni individuo si definisce gradualmente con chiarezza, così come la sua indole, nonché il cammino che sta perseguendo, la sua direzione di vita e il gruppo a cui appartiene. Su cosa si basa tutto questo? In ultima analisi, è ciò che Dio ha prestabilito: non ha nulla a che vedere con i genitori di una persona” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9: Parte prima”). Dalle parole di Dio ho capito che i genitori sono responsabili di generare e crescere i propri figli, di fornire un buon ambiente per il loro sviluppo, di educarli a essere buoni, a percorrere il cammino giusto e a non fare cose cattive prima che raggiungano l’età adulta e di insegnare loro i più basilari principi di comportamento. Tuttavia, il destino di un figlio e il cammino che intraprende nella vita sono tutte cose predestinate da Dio e non sono questioni che i genitori possono decidere o controllare. Una volta diventati adulti, i figli hanno le proprie idee e fanno le loro scelte e ogni cosa diventa chiara, per esempio che tipo di persona sono, a quale gruppo appartengono e quale cammino scelgono di percorrere. Io però pensavo fallacemente che, se mio figlio da adulto non credeva in Dio o non percorreva il cammino giusto, allora avevo fallito come madre; perché non gli avevo letto di più le parole di Dio o non lo avevo guidato maggiormente e questo lo aveva portato a intraprendere il cammino del mondo. Negli ultimi dieci anni avevo vissuto in un profondo senso di colpa, sentendomi costantemente in debito con lui. Credevo in Dio da tanti anni, ma non consideravo le persone e le questioni secondo le Sue parole. Questo era davvero vergognoso! La scelta di mio figlio di non percorrere il cammino della fede era determinata anche dalla sua natura che non ama la verità. In realtà, a casa gli avevo parlato abbastanza spesso del credere in Dio, però lui non era interessato alle Sue parole. Ogni volta che ho dovuto chiamarlo e sollecitarlo, si è limitato a leggere un po’ di parole di Dio per rabbonirmi. Crescendo, si era innamorato del mondo, della fama e del guadagno, così aveva cercato naturalmente di percorrere il cammino del mondo. Anche se non me ne fossi andata da casa per fare il mio dovere e fossi rimasta lì a leggergli le parole di Dio ogni giorno, non sarebbe comunque arrivato a credere in Lui. Il suo destino e il cammino che percorre non sono cose che io, in quanto sua madre, posso controllare. Questo è legato alla sua natura e dipende anche dalla predestinazione di Dio. C’era una sorella che, dopo essersi laureata, si era dedicata a tempo pieno al suo dovere, ma il padre, non credente, l’aveva mandata in commissariato. Dopo essere stata rilasciata, ha continuato a credere in Dio e a svolgere il suo dovere. Un’altra sorella frequentava una prestigiosa università e, quando ha ascoltato le parole di Dio, si è commossa profondamente e ha deciso di credere in Lui e così ha abbandonato gli studi universitari e ha iniziato a fare il suo dovere e a spendersi per Dio a tempo pieno. Da questi fatti ho capito che il cammino che le persone decidono di percorrere è davvero indipendente dai loro genitori.
Un giorno, durante le mie devozioni spirituali, ho letto queste parole di Dio: “I requisiti che alcuni genitori hanno nei confronti dei figli sono: ‘I nostri figli dovrebbero intraprendere il giusto cammino, credere in Dio, abbandonare il mondo secolare e rinunciare al lavoro. Altrimenti, quando accederemo al Regno, loro non potranno entrare e verremo separati. Sarebbe meraviglioso se tutta la nostra famiglia potesse entrare nel Regno insieme! Potremmo stare insieme in cielo come lo siamo qui sulla terra. Mentre siamo nel Regno, non dobbiamo lasciarci; dobbiamo rimanere insieme per l’eternità!’ Poi viene fuori che i figli non credono in Dio e che invece perseguono cose mondane, si danno da fare per guadagnare grandi quantità di denaro e diventare molto ricchi; indossano tutto ciò che è alla moda, fanno e parlano di tutto ciò che è alla moda, e non soddisfano i desideri dei loro genitori. Di conseguenza, i genitori si sentono turbati, pregano e digiunano per questo, non toccando cibo per sette, dieci, quindici giorni, e vi dedicano enorme impegno per il bene dei figli. Spesso sono così affamati da avere le vertigini, e spesso pregano Dio tra le lacrime. Tuttavia, per quanto loro preghino o si impegnino, i figli restano impassibili e non sono in grado di aprire gli occhi. Più i figli si rifiutano di credere, più i genitori pensano: ‘Oh no, ho fallito con i miei figli, li ho rovinati. Non sono stato in grado di diffondere il Vangelo a loro e non li ho portati con me sul cammino della salvezza. Che sciocchi: si tratta del cammino per le benedizioni!’ Non sono sciocchi, semplicemente non avvertono questa esigenza. Sono questi genitori a essere sciocchi, poiché tentano di costringere i figli a intraprendere tale cammino, non è forse così? Se i figli avvertissero questa esigenza, sarebbe necessario che i genitori parlassero loro di queste cose? I figli troverebbero la fede autonomamente. Questi genitori non fanno che pensare: ‘Ho rovinato i miei figli. Li ho spronati ad andare all’università fin da piccoli e da quando ci sono andati non si sono più ravveduti. Non fanno che perseguire le cose mondane e ogni volta che tornano parlano solo di lavoro, di fare soldi, di chi ha avuto una promozione o comprato un’auto, di chi si è sposato con una persona benestante, di chi è andato in Europa a fare studi avanzati o uno scambio culturale, e di che vite fantastiche abbiano gli altri. Ogni volta che tornano a casa parlano di queste cose e io non voglio sentirle, ma non posso farci nulla. Qualunque cosa io dica per tentare di convincerli a credere in Dio, non mi ascoltano’. Di conseguenza, litigano con i figli. Ogni volta che li vedono si fanno scuri in volto; ogni volta che ci parlano, la loro espressione si inasprisce. Alcuni figli non sanno come comportarsi e pensano: ‘Non so cosa ci sia di sbagliato nei miei genitori. Se non credo in Dio, semplicemente non ci credo. Perché mi trattano sempre con questo atteggiamento? Pensavo che più qualcuno credesse in Dio, più diventasse una persona migliore. Come possono i credenti in Dio nutrire così scarso affetto verso i loro familiari?’ Questi genitori sono così preoccupati per i figli da rischiare di farsi scoppiare una vena, e dicono: ‘Non è mio figlio! Taglio i ponti con lui, lo ripudio!’ Questo è quello che dicono, ma in realtà non è ciò che provano. Genitori simili non sono forse degli sciocchi? (Sì.) Vogliono sempre controllare e avere in pugno tutto, desiderano sempre decidere del futuro dei figli, della loro fede e delle strade che percorrono. Che cosa sciocca! Ciò è inappropriato” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (18)”). Ciò che Dio smaschera è assolutamente accurato. Era esattamente quello che avevo pensato nel mio cuore ed era così che avevo agito. Quando mio figlio andava a scuola, dentro di me avevo già pianificato che, dopo la laurea, avremmo creduto in Dio insieme e saremmo entrati nel Regno come madre e figlio. Come sarebbe stato meraviglioso! Pertanto, quando lui era a casa, mi prendevo del tempo per parlargli del credere in Dio, esortandolo più e più volte a leggere le Sue parole; se non mi ascoltava, mi arrabbiavo e a volte addirittura lo sgridavo. Quando studiava all’università in un’altra città, facevo decine di chilometri per chiamarlo e ricordargli di leggere le parole di Dio e pregavo irragionevolmente davanti a Dio e avanzavo delle richieste a Lui, Gli chiedevo di smuovere il cuore di mio figlio e di condurlo alla fede. Non potevo nemmeno controllare il mio destino, eppure continuavo a cercare di orchestrare e manipolare quello di mio figlio, volendo imporgli di seguire il cammino che io avevo pianificato per lui. Sono stata davvero arrogante e troppo sicura di me! Quando avevo saputo che aveva scelto il cammino del mondo, ero diventata ansiosa, turbata, non riuscivo a mangiare né a dormire e mi ero pentita di non essermi impegnata di più per guidarlo a intraprendere il cammino della fede. In realtà, la mia ansia era dovuta alla paura che, se mio figlio non avesse creduto in Dio, sarebbe caduto nel disastro. Controllata dai miei sentimenti, non avevo tenuto conto delle intenzioni di Dio e avevo insistito nel trascinare mio figlio verso la fede in Dio contro la sua volontà. Avevo persino pregato irragionevolmente Dio di aiutarmi a realizzare il mio sogno di entrare nel Regno insieme a mio figlio. Tutto quello che ho fatto era veramente sciocco e assolutamente detestabile agli occhi di Dio!
Successivamente, ho letto altre Sue parole: “I genitori, in quanto tali, quando si tratta dell’atteggiamento da mantenere nei confronti dei figli adulti, oltre a benedirli in silenzio e a nutrire buone aspettative nei loro confronti, qualunque tipo di vita i figli conducano e qualsiasi tipo di destino o di vita abbiano, possono solo lasciare che le cose accadano. Nessun genitore può cambiare alcunché di tutto ciò, né controllarlo. Tu hai messo al mondo e allevato i tuoi figli ma, come abbiamo già discusso, i genitori non sono i padroni del destino dei figli. I genitori ne concepiscono il corpo fisico e li allevano fino all’età adulta, ma il tipo di destino che i figli avranno non è qualcosa che viene assegnato o scelto dai genitori, e di certo non sono i genitori a deciderlo. Tu desideri che ai tuoi figli vada tutto bene, ma questo garantisce forse che ciò accadrà? Vuoi che non debbano affrontare inconvenienti, disgrazie o alcun tipo di evento sfortunato, ma questo significa che saranno in grado di evitarli? A prescindere da ciò che i tuoi figli affrontano, nessuna di queste cose è soggetta alla volontà umana né è determinata dalle tue esigenze o aspettative. Quindi, cosa ti dice questo? Dal momento che i figli sono diventati adulti, sanno prendersi cura di sé stessi, sanno avere pensieri, punti di vista sulle cose, principi di comportamento e visione della vita indipendenti e non sono più influenzati, controllati, limitati o gestiti dai genitori, allora sono veramente adulti. Cosa significa che sono diventati adulti? Significa che i genitori devono lasciarli andare. Nel linguaggio scritto, questo si chiama ‘lasciare andare’, ossia mettere i figli in condizione di esplorare in modo indipendente e di intraprendere la loro strada nella vita” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (19)”). “In quanto individuo che crede in Dio e persegue la verità e la salvezza, dovresti investire l’energia e il tempo che ti restano nella vita nell’assolvimento del tuo dovere e in tutto ciò che Dio ti ha affidato; non dovresti dedicare il tempo ai tuoi figli. La tua vita non appartiene a loro e non dovresti consumarla per la loro vita o per la loro sopravvivenza, né per soddisfare le tue aspettative nei loro confronti. Dovresti invece dedicarla al dovere e al compito affidatoti da Dio, nonché alla missione che dovresti compiere in quanto essere creato. È qui che risiedono il valore e il significato della tua vita. Se sei disposto a perdere la tua dignità e a diventare schiavo dei tuoi figli, a preoccuparti per loro e a fare qualsiasi cosa per loro al fine di soddisfare le aspettative che nutri nei loro confronti, ebbene, tutto questo è privo di significato e di valore e non sarà commemorato. Se persisti nel farlo e non abbandoni queste idee e queste azioni, può solo significare che non sei una persona che persegue la verità, che non sei un essere creato all’altezza dei requisiti e che sei alquanto ribelle. Non hai a cuore né la vita né il tempo che Dio ti ha donato. […] Una volta che hai adempiuto a questo obbligo e che i tuoi figli sono diventati adulti, non dipende affatto da te che abbiano successo o che invece rimangano individui comuni, semplici e ordinari, poiché non sei tu a determinare il loro destino né a sceglierlo, e di certo non sei tu ad averglielo assegnato: viene decretato da Dio. Poiché è decretato da Dio, tu non dovresti interferire né ficcare il naso nella loro vita o nella loro sopravvivenza. Le loro abitudini, le loro routine quotidiane e il loro atteggiamento nei confronti della vita, qualsiasi strategia di sopravvivenza abbiano, qualsiasi visione della vita, qualsiasi atteggiamento nei confronti del mondo, tutte queste sono scelte che devono compiere da sé e non sono di tua competenza. Non hai l’obbligo di correggerli né di farti carico di alcuna sofferenza per loro conto al fine di garantire che siano felici ogni giorno. Tutte queste cose non sono necessarie. Il destino di ognuno è determinato da Dio; pertanto, nessuno può prevedere né cambiare quante benedizioni o quante sofferenze sperimenterà nella vita, il tipo di famiglia, di matrimonio e di figli che avrà, le esperienze che farà nella società e gli eventi che sperimenterà nella vita, e tanto meno sono i genitori a poter cambiare queste cose” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (19)”). Le parole di Dio chiariscono molto bene quale sia l’atteggiamento con cui dovremmo trattare i nostri figli. Una volta che i genitori hanno cresciuto la prole fino all’età adulta, le loro responsabilità sono terminate. Per quanto riguarda il cammino intrapreso dai figli o il destino che avranno, non spetta ai genitori decidere queste cose. Le mie responsabilità nei confronti di mio figlio erano già state assolte da tempo, quindi non dovrei interferire in modo irragionevole nella sua vita o nel cammino che intraprende. Dovevo sottomettermi alla sovranità e alle disposizioni di Dio e accettare ogni cosa da Lui. Ho pensato a Giobbe. Da padre, anche lui sperava che i suoi figli credessero in Dio e Lo adorassero come faceva lui, ma Giobbe aveva dei principi nel modo in cui trattava i suoi figli. Si è limitato a predicare loro il Vangelo e ad adempiere la sua responsabilità di padre e, per quanto riguardava la loro eventuale fede in Dio, non ha cercato di trascinarli a credere contro la loro volontà e non ha interferito nel cammino da loro scelto. Non ha pregato davanti a Dio per i suoi figli, appellandosi a Lui affinché smuovesse i loro cuori a credere in Lui. Si è semplicemente sottomesso alla sovranità e alle disposizioni di Dio. La pratica di Giobbe era conforme alle Sue intenzioni. Nel paragonarmi a Giobbe, mi sono vergognata. Mi ero nutrita di così tante parole di Dio, eppure Egli non aveva posto nel mio cuore. Di fronte alle situazioni, non cercavo la verità e non coglievo le Sue intenzioni; al contrario, agivo ciecamente come volevo io e basta. Dovevo seguire l’esempio di Giobbe e trattare mio figlio secondo le verità principi.
Ora mio figlio è ancora lì fuori a perseguire il mondo, ma non mi preoccupo più per il suo futuro o per il suo destino né mi sento triste o turbata per lui. Sono state le parole di Dio a ribaltare le mie opinioni fallaci. Grazie a Dio!