11. Riflessioni dopo l’isolamento

di Lorraine, Stati Uniti

A marzo del 2023, nel nostro distretto si è tenuta un’elezione suppletiva per selezionare un leader di distretto. Ho pensato: “Anche se il mio accesso alla vita non è stato il migliore, sono sempre stata responsabile del lavoro del Vangelo, l’ambito di lavoro che supervisiono non è ristretto e, inoltre, il lavoro ha portato dei risultati. In questa elezione per il leader di distretto, i fratelli e le sorelle dovrebbero scegliere me, no? Anche se attualmente sono supervisore del lavoro del Vangelo, si tratta di un compito a mansione singola e solo poche persone mi conoscono. Essere leader di distretto, però, è un’altra cosa. È una figura che supervisiona il lavoro generale ed è ammirata e stimata da un numero maggiore di persone. Se alla fine verrò scelta io, i fratelli e le sorelle penseranno sicuramente che perseguo la verità e che non solo sono in grado di supervisionare il lavoro del Vangelo, ma anche di essere una leader”. Questo pensiero mi rendeva davvero felice.

In quei giorni, ero molto attiva nei miei doveri e, non appena qualcuno poneva una domanda nella chat di gruppo, io mi affrettavo a rispondere prontamente; a volte, in caso di problemi, mi rivolgevo ai leader e segnalavo loro in privato quelli che riscontravo; volevo convincerli che avevo un senso del fardello e di responsabilità, portandoli così a votare per me all’elezione. Con mio totale stupore, una sera ho visto un messaggio dai leader superiori: annunciava che sorella Charlotte era stata eletta leader di distretto. Quando ho letto quel nome, mi sono sentita davvero sconvolta. Anche se Charlotte aveva sempre svolto doveri di leadership, era appena arrivata nel nostro distretto per predicare il Vangelo e non conosceva bene la situazione qui. Allora perché era stata scelta? Per un periodo, avevo supervisionato il suo lavoro, ma ora che improvvisamente era stata eletta leader e avrebbe seguito lei il mio, come avrei potuto farmi ancora vedere in giro? Possibile che i fratelli e le sorelle mi reputassero davvero così inferiore? Volevo proprio discutere con i leader superiori e chiedere in cosa esattamente lei fosse superiore a me. Dopotutto, l’ambito di lavoro sottoposto alla mia supervisione non era meno vasto del suo; Charlotte non era migliore di me nemmeno in fatto di esperienza lavorativa e principi padroneggiati; in quanto a sofferenza e prezzo pagato, anche io avevo sofferto molto. Durante il mio periodo come supervisore del lavoro del Vangelo, qualunque cosa la chiesa disponesse per me, io la facevo e, quando incontravo problemi nel lavoro, per quanto le cose diventassero difficili o dolorose, non mi lamentavo né borbottavo mai. Ma, nonostante tutto il mio impegno, perché era stata scelta Charlotte e non io? C’era forse qualcosa che non andava in me? Non ero adatta a essere leader di distretto, ma solo a svolgere un dovere basato su una singola mansione? Più ci pensavo, più mi sentivo a disagio, e perdevo la concentrazione nei miei doveri.

In quel periodo, il lavoro del Vangelo all’interno della chiesa ha incontrato difficoltà e problemi e si dà il caso che quello fosse esattamente il principale ambito di supervisione di Charlotte. Lei era solita discutere con i fratelli e le sorelle su come risolvere questi problemi. Anche se quello era un lavoro che non rientrava nel mio ambito di supervisione, supervisionavo il lavoro del Vangelo da più tempo, quindi riuscivo a capire alcuni problemi e dovevo collaborare con tutti per discutere sulle soluzioni. Tuttavia, quando pensavo al fatto che non rientrava nel mio ambito di supervisione, sentivo che, se avessi davvero risolto io i problemi, i leader superiori avrebbero sicuramente attribuito il merito a Charlotte e avrebbero detto che aveva capacità lavorative. Questo pensiero mi faceva passare la voglia di partecipare alla discussione. In qualche occasione, anche se mi veniva chiesto di farlo, trovavo educatamente delle scuse e dicevo: “Discutetene voi, io non ne so molto”. A volte addirittura mi aggrappavo alle difficoltà e ai problemi di sorella Charlotte e ogni tanto sfogavo il mio malcontento con le sorelle intorno a me, dicendo: “Non capire i principi non va bene per niente. Ci sono così tanti problemi nel lavoro adesso: come fa Charlotte a seguirlo e a risolvere i problemi se non capisce i principi?” Loro ascoltavano ed erano d’accordo con me: “Sì, non va bene che non capisca i principi, perché in questo modo non può risolvere i problemi”. Le loro parole mi riempivano di una segreta soddisfazione e mi dicevo: “Visto che non avete una grande opinione di me, allora fate svolgere correttamente questo dovere alla persona che avete scelto. Voglio proprio vedere se se la caverà bene. Quando sorgeranno problemi nel lavoro, userò i fatti per dimostrare che avete scelto male e vi farò vedere le conseguenze del non aver selezionato me”. In realtà, in quel periodo, mi sentivo piena di oscurità e dolore e, quando vedevo i problemi che sorgevano nel lavoro, a volte provavo anche un senso di colpa, pensando che avrei dovuto lavorare con Charlotte per risolverli il prima possibile. In diverse occasioni, ho avuto voglia di scriverle un messaggio, ma, pensando al fatto che non ero stata scelta come leader di distretto, non riuscivo a ingoiare l’orgoglio e ritraevo le mani dalla tastiera. Il mio cuore era tormentato, in conflitto continuo; era agonizzante. Mi rendevo conto che il mio stato era sbagliato e che dovevo correggerlo e ribaltarlo subito, eppure non volevo cercare la condivisione dai fratelli e dalle sorelle, tantomeno rinunciare all’orgoglio per cercare la condivisione da Charlotte. Quando i leader assegnavano dei compiti, ero restia a svolgerli. Non afferrando i principi, i fratelli e le sorelle vivevano nelle difficoltà e non avevano una direzione mentre svolgevano il proprio dovere. L’efficacia del lavoro del Vangelo che supervisionavo diminuiva. I leader superiori hanno condiviso con me e mi hanno fornito una guida per aiutarmi a seguire il lavoro del Vangelo, ma ero consumata dalla reputazione e dal prestigio, e i miei pensieri non erano rivolti al mio dovere. Quando si trattava dei compiti assegnati dai leader, non li seguivo né li attuavo tempestivamente. Di conseguenza, l’efficacia del lavoro del Vangelo continuava a diminuire fino quasi a paralizzarsi.

Poco dopo, sono stata destituita. I leader poi mi hanno assegnata a supervisionare il lavoro del Vangelo di un gruppo. Non solo non ho riflettuto sul motivo della mia destituzione, ma anzi mi sono anche lamentata che i leader non avrebbero dovuto destituirmi e ho continuato a sentirmi oppositiva, senza alcuna voglia di seguire il lavoro. Il supervisore mi ha smascherata e potata per non aver risolto in tempo i problemi nel lavoro e perché battevo la fiacca quando si trattava di seguirlo, però non riuscivo proprio ad accettarlo. Dopo poco più di un mese, il lavoro che supervisionavo non mostrava ancora miglioramenti. Il supervisore ha visto che mi rifiutavo costantemente di accettare la verità e non riflettevo su me stessa, così mi ha destituita dal ruolo di capogruppo. Dopo di ciò, sono stata relegata a una chiesa ordinaria e il mio stato è precipitato ancora di più. Non volevo parlare con nessuno e non aprivo bocca nemmeno durante le riunioni. I leader hanno cercato di aiutarmi più volte, ma non rispondevo alle loro chiamate. Mi sentivo oppositiva quando il capogruppo seguiva il mio lavoro e per diversi mesi non ho ottenuto alcun risultato nei miei doveri. Quattro mesi dopo, i leader mi hanno contattata all’improvviso e mi hanno analizzata, dicendo: “I fratelli e le sorelle hanno segnalato che il tuo atteggiamento verso i doveri era noncurante, che non ottenevi risultati reali e che anche la tua umanità aveva dei problemi. Da quando sei stata destituita, vivi in uno stato di negatività e opposizione. Non hai alcun atteggiamento di accettazione della verità e non hai riflettuto su te stessa. Secondo i principi, devi essere isolata per riflettere”. Quando ho scoperto che sarei stata isolata, la mia mente si è come svuotata. Non ci avevo mai pensato. Credevo in Dio da tanti anni, avevo rinunciato a famiglia e carriera per il mio dovere eppure ora finivo col ritrovarmi isolata. In quei giorni, ho pensato spesso alle parole dei leader quando mi avevano analizzata: “Tu non sei una persona che accetta la verità. Hai problemi con la tua umanità. Non hai vera sottomissione”. Queste parole mi riecheggiavano costantemente nella testa e continuavo a chiedermi: “Possibile che io sia davvero la persona sbagliata? Possibile che il mio percorso di fede sia arrivato alla fine?” Sentivo un vuoto nel cuore e volevo piangere, però le lacrime non uscivano. Mi sembrava di non avere più alcun esito e ho addirittura pensato di tornare nel mondo. Quando ho davvero avuto voglia di andarmene, il mio cuore si è riempito di senso di colpa e mi sono ricordata di aver fatto un voto a Dio: non Lo avrei mai lasciato, qualunque situazione avessi affrontato. Credevo in Dio da molti anni, mi ero nutrita di così tante Sue parole e avevo goduto di tanta della Sua grazia e della Sua benedizione, quindi sarei stata davvero priva di coscienza se me ne fossi andata così. Tuttavia, pensando al fatto che ormai ero stata isolata dalla chiesa, sono diventata molto negativa e non sapevo cosa fare. In quel periodo, non volevo vedere nessuno e passavo le giornate a sentirmi come un morto che cammina.

Un giorno, mi è venuto all’improvviso un forte mal di denti e nessuna medicina mi era di aiuto. Di notte, non potevo fare altro che piangere da sola sotto le coperte e il mio cuore era pieno di una solitudine e di una desolazione indescrivibili. Volevo pregare Dio, ma sentivo troppa vergogna per presentarmi davanti a Lui. Sentivo di non essere una persona che Egli avrebbe salvato e di non essere più degna di pregarLo. Più chiudevo il cuore a Dio, più il mal di denti peggiorava. L’unica cosa che riuscivo a fare era gridare in cuor mio: “Dio, Dio…” Nel momento in cui Gli ho aperto il cuore, mi sono inginocchiata davanti a Lui e ho pregato: “Dio, sto malissimo. Non voglio rinunciare alla mia fede in Te, ma ora non so cosa fare”. Dopo aver pregato, mi sono ricordata di questi passi delle Sue parole: “Poiché sei certo che questa sia la vera via, devi seguirla sino in fondo; devi mantenere la tua devozione nei confronti di Dio(La Parola, Vol. 1: L’apparizione e l’opera di Dio, “Dovresti mantenere la devozione a Dio”). “Indipendentemente da quanti errori tu abbia commesso, da quali svolte errate tu abbia fatto o da quanto tu abbia trasgredito, non permettere che queste cose diventino un fardello o un ingombrante bagaglio da portare con te nel tuo perseguimento della conoscenza Dio: continua ad avanzare marciando(La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico VI”). Riflettendo sulle parole di Dio, mi sono sentita profondamente toccata. Ho percepito che Egli mi stava ancora guidando, incoraggiandomi a non arrendermi e a continuare ad andare avanti e ho avvertito una grande forza nel cuore. Questo pensiero mi ha fatta sentire davvero in colpa. Era evidente: avevo perseguito reputazione e prestigio e non avevo intrapreso il cammino giusto, anzi avevo intralciato e disturbato il lavoro della chiesa. Quando non ero riuscita a ottenere reputazione o prestigio, ero diventata negativa e oppositiva, trascurando il lavoro della chiesa. Con il mio comportamento, qualsiasi trattamento la chiesa mi avesse riservato sarebbe stato giustificato. Eppure, dopo essere stata isolata, ero rimasta intransigente, oppositiva e avevo persino voluto tradire Dio, fraintendendo il Suo cuore. Ho visto quanto fossi stata priva di coscienza e di ragione. Credevo in Lui da molti anni, mi ero nutrita di tante Sue parole e sapevo che questa era la vera via, quindi avrei dovuto perseverare nella fede e, anche in assenza di un buon esito, avrei dovuto seguire Dio fino alla fine. Mi sono presentata davanti a Lui e ho pregato: “Dio, ho errato e sono stata così ribelle. Se sono arrivata a questo punto, è colpa mia. Dio, sono disposta a riflettere seriamente su me stessa e rialzarmi da dove sono caduta. Ti prego, non abbandonarmi. Ti prego, illuminami e guidami, così che io possa comprendere i miei problemi”. In quei giorni, ho continuato a invocarLo in questo modo.

Durante una delle mie devozioni spirituali, ho letto queste Sue parole: “Gli anticristi considerano il loro prestigio e la loro reputazione più importanti di qualsiasi altra cosa. Non sono solamente propensi all’inganno, astuti e malvagi, ma anche estremamente feroci. Cosa fanno quando sentono messo a rischio il loro prestigio, o quando perdono il loro posto nel cuore delle persone, quando non sono più approvati e adorati, quando non vengono più venerati e ammirati e precipitano nel disonore? Diventano improvvisamente ostili. Non appena perdono il loro prestigio, perdono anche la volontà di svolgere qualsiasi dovere, fanno tutto in modo superficiale e non provano interesse verso nulla. Ma non è questa la manifestazione peggiore. Qual è la manifestazione peggiore? Non appena gli anticristi perdono il loro prestigio e nessuno li ammira né si lascia fuorviare da loro, vengono fuori l’odio, l’invidia e la vendetta. Non solo non hanno un cuore che teme Dio, ma sono anche privi della benché minima sottomissione. Nei loro cuori, inoltre, sono inclini a odiare la casa di Dio, la chiesa, e i leader e i lavoratori; desiderano che il lavoro della chiesa subisca problemi o arresti; vogliono deridere la chiesa e i fratelli e le sorelle. Inoltre odiano tutti coloro che perseguono la verità e temono Dio. Attaccano e scherniscono chiunque sia leale nel suo dovere e disposto a pagare un prezzo. Tale è l’indole degli anticristi; non è forse un’indole feroce?(La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9: Parte seconda”). Quando ho letto questo passo delle parole di Dio, mi sono sentita profondamente angosciata. Sentivo che ogni comportamento da Lui smascherato sembrava descrivere proprio me, soprattutto nel punto in cui dice che gli anticristi hanno a cuore la reputazione e il prestigio più di ogni altra cosa e non hanno sottomissione a Dio né timore di Lui. Si ingegnano in ogni modo e usano qualsiasi mezzo per ottenere il prestigio e, appena perdono la reputazione e il prestigio, o il sostegno e l’ammirazione degli altri, subito diventano ostili, negativi e battono la fiacca nel lavoro, e sviluppano invidia e odio nel loro cuore. Desiderano che sorgano problemi nel lavoro della chiesa per poter ridere della chiesa stessa. Poi ho osservato il mio comportamento: non era forse esattamente lo stesso? In passato, per essere selezionata come leader di distretto e guadagnare la stima dei fratelli e delle sorelle, quando vedevo che loro inviavano messaggi contenenti delle domande, intervenivo subito per rispondere, desiderando attirare l’attenzione dei leader. Quando, invece, avevo saputo che era stata scelta Charlotte come leader di distretto, non avevo riflettuto su dove fossi carente. Anzi, poiché non ero stata scelta e non potevo ottenere il prestigio o l’ammirazione di un numero maggiore di persone, ero diventata oppositiva e ragionavo nel mio cuore. Pensavo che io avevo maggiore esperienza e che supervisionavo il lavoro del Vangelo da più tempo rispetto a Charlotte, e quindi, prendendo queste cose come capitale, ero diventata insoddisfatta e scontenta, e avevo usato i miei doveri per sfogare le mie frustrazioni. Quando avevo visto che il lavoro del Vangelo supervisionato da Charlotte incontrava problemi, non solo non avevo dato una mano per risolverli, ma avevo anche provato piacere per quelle sventure. Addirittura speravo che i problemi non venissero risolti, così i fratelli e le sorelle avrebbero visto che Charlotte non era davvero brava quanto me, e lei sarebbe stata umiliata davanti a loro. Non solo questo, ma sfogavo anche il mio malcontento con le sorelle intorno a me. Mi soffermavo su qualche piccolo problema nei doveri di Charlotte e, alle sue spalle, la giudicavo carente in fatto di capacità lavorative, sperando che i fratelli e le sorelle si schierassero dalla mia parte e pensassero che la chiesa avesse scelto la persona sbagliata e seppellito i miei talenti. Ho visto che ero completamente priva di scrupoli nel mio perseguire reputazione e prestigio e che la mia indole era maligna e feroce. Nemmeno dopo essere stata destituita avevo riflettuto su me stessa né ero giunta a conoscermi, anzi avevo continuato a oppormi e a rifiutarmi di sottomettermi; e, quando i leader cercavano di condividere con me, non ero disposta a farlo. Non avevo davvero un cuore che si sottometteva a Dio o che aveva timore di Lui e ancor meno avevo un atteggiamento di ricerca o accettazione della verità. In quel momento, ho capito all’improvviso che non essere stata scelta come leader era in realtà una protezione per me. Poiché la mia indole era feroce e davo troppa importanza al prestigio, quando non lo ottenevo, diventavo piena di odio, ridevo degli altri e arrivavo persino a giudicarli e danneggiarli. Se avessi davvero guadagnato prestigio, avrei sicuramente represso ed escluso chiunque non mi avesse ascoltata e avrei commesso mali ancora più gravi. Riflettendo su questo, ho compreso la pericolosità della mia situazione. Eppure ero del tutto ignara ed ero rimasta intransigente e ostinata. Se non fosse stato per il mio isolamento, sarei rimasta testarda e impenitente. Mi sono presentata dinanzi a Dio e ho pregato: “Dio, grazie per la Tua guida. Ora ho un po’ di comprensione di me stessa e vedo che sono sull’orlo di un precipizio. Il fatto che non sia stata espulsa è già la Tua misericordia ed è l’opportunità che Tu mi dài di pentirmi. Dio, voglio davvero pentirmi. Ti prego, guidami a capire a fondo l’essenza e le conseguenze del perseguire il prestigio”.

Durante una delle mie devozioni spirituali, ho letto le Sue parole: “Gli anticristi hanno a cuore la propria reputazione e il proprio prestigio in modo maggiore rispetto alle persone comuni, e ciò è qualcosa di intrinseco alla loro indole essenza; non è un interesse temporaneo né l’effetto transitorio dell’ambiente circostante. È qualcosa all’interno della loro vita, delle loro ossa, e dunque è la loro essenza. Vale a dire, in tutto ciò che gli anticristi fanno, la loro prima considerazione va alla propria reputazione e al proprio prestigio, nient’altro. Per loro, la reputazione e il prestigio sono la vita, nonché l’obiettivo dell’intera esistenza. […] Si può dire che, per gli anticristi, la reputazione e il prestigio non sono un requisito aggiuntivo, né tantomeno cose esterne a loro a cui potrebbero rinunciare. Fanno parte della loro natura, sono nelle loro ossa, nel loro sangue, sono innati in loro. Gli anticristi non sono indifferenti al possesso della reputazione e del prestigio; non è questo il loro atteggiamento. Allora qual è? La reputazione e il prestigio sono intimamente legati alla loro vita di tutti i giorni, alla loro condizione quotidiana, a ciò che perseguono ogni giorno. E così, per gli anticristi, la reputazione e il prestigio sono la vita. A prescindere dal modo e dall’ambiente in cui vivono, dal lavoro che fanno, da cosa perseguano, da quali siano i loro fini o la direzione della loro vita, tutto ruota attorno all’avere una buona reputazione e un elevato prestigio. E questo obiettivo non cambia; non riescono mai a mettere da parte tali cose. È questo il vero volto degli anticristi, è questa la loro essenza. Potresti metterli in una foresta primordiale nascosta tra le montagne, e non rinuncerebbero ugualmente al loro perseguimento di reputazione e prestigio. Puoi metterli in un qualsiasi gruppo di persone, e le uniche cose a cui riescono a pensare sono ugualmente la reputazione e il prestigio. Sebbene anche gli anticristi credano in Dio, considerano il perseguimento di reputazione e prestigio equivalente alla fede in Dio e danno a queste cose lo stesso peso. In altre parole, mentre percorrono la via della fede in Lui, perseguono anche la reputazione e il prestigio. Si può dire che, in cuor loro, il perseguimento della verità nella loro fede in Dio coincide con il perseguimento della reputazione e del prestigio e che il perseguimento della reputazione e del prestigio è anche il perseguimento della verità; ottenere reputazione e prestigio equivale a ottenere la verità e la vita. Se sentono di non possedere fama, guadagno o prestigio, se sentono che nessuno guarda a loro, o li stima, o li segue, allora ne sono molto delusi, ritengono che credere in Dio non abbia senso, nessun valore, e si dicono: ‘Una simile fede in dio non è un fallimento? Non sono forse senza speranza?’ Spesso calcolano queste cose nei loro cuori. Calcolano come poter ritagliarsi un posto nella casa di Dio, su come poter acquisire un’elevata reputazione all’interno della chiesa, come potersi fare ascoltare dagli altri quando parlano e sostenere quando agiscono, come poter portare le persone a seguirli dovunque essi siano e come poter avere una voce influente nella chiesa e possedere fama, guadagno e prestigio: si concentrano davvero su queste cose in cuor loro. È questo che simili persone perseguono(La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9: Parte terza”). Dalle parole di Dio ho capito che il perseguimento di reputazione e prestigio da parte di un anticristo non è qualcosa di temporaneo, ma fa parte della sua natura ed essenza. Gli anticristi prendono il perseguimento di reputazione e prestigio come loro obiettivo nella vita. Credono che, una volta guadagnate queste due cose, abbiano guadagnato tutto e che, una volta perse queste due cose, la vita non abbia più alcun significato. Mi sono resa conto che ero stata proprio così. Fin da bambina, avevo vissuto secondo i veleni satanici del “Mira a distinguerti e a eccellere” e del “Devi sopportare grandi sofferenze per diventare il più grande tra gli uomini”. A scuola, mi sforzavo di essere la migliore studentessa e la prima della classe, nella convinzione che ciò mi avrebbe procurato l’ammirazione di insegnanti e compagni. Dopo il matrimonio, vedendo che molti parenti e vicini dalla parte di mio marito erano più abbienti di noi, non ero disposta a rimanere indietro. Poco dopo le nozze, avevo aperto un’attività con mio marito: volevo essere una persona ricca nel villaggio e distinguermi dalla folla. Dopo aver trovato Dio, avevo continuato a fare di reputazione e prestigio l’oggetto del mio perseguimento: credevo che, diventando leader, il mio ambito di responsabilità si sarebbe ampliato e più persone mi avrebbero ammirata e stimata. Mi sembrava l’unico modo per vivere una vita significativa e di valore. Per ottenere prestigio e ammirazione, mi scervellavo nello sforzarmi a raggiungere tali cose. Ma, quando non ero stata scelta come leader e non avevo potuto ottenere l’ammirazione e il sostegno dei fratelli e delle sorelle, ero diventata insoddisfatta e scontenta, e avevo giudicato a mio piacimento la leader appena eletta. Perfino quando vedevo problemi nel lavoro del Vangelo, li ignoravo e addirittura ridevo degli altri. Quando ero stata destituita dal ruolo di supervisore, avevo continuato a essere negativa e oppositiva e, quando altri seguivano il mio lavoro, anche in quel caso mi sentivo oppositiva. Nemmeno durante il mio isolamento avevo riflettuto su me stessa, anzi avevo persino pensato di tradire Dio e lasciare la Sua casa. Ho visto che stavo già percorrendo il cammino di un anticristo. In quel momento, ho sentito dentro di me che il perseguimento di reputazione e prestigio mi aveva davvero danneggiata pesantemente. Nella mia ricerca di reputazione e prestigio, avevo perso l’umanità e la ragione più elementari. Avevo portato intralcio nel lavoro della chiesa e danno alle persone intorno a me; il mio perseguire reputazione e prestigio mi avrebbe solo allontanata sempre di più da Dio e mi avrebbe resa sempre più priva di sembianza umana. Pensando a ciò, ho sentito il desiderio di liberarmi immediatamente di questo perseguimento di reputazione e prestigio e ho avuto la determinazione di perseguire la verità.

Ho letto altre parole di Dio: “Perseguire la reputazione e il prestigio non è la strada giusta: va esattamente nella direzione opposta al perseguimento della verità. In sintesi, indipendentemente dalla direzione o dall’obiettivo del tuo perseguimento, se non rifletti sul tuo perseguimento di prestigio e reputazione, e se trovi molto difficile mettere da parte queste cose, allora ciò influirà sul tuo ingresso nella vita. Fintanto che il prestigio avrà un posto nel tuo cuore, esso potrà controllare e influenzare completamente la tua direzione di vita e gli obiettivi del tuo perseguimento, e in tal caso ti risulterà molto difficile entrare nella verità realtà, per non parlare di ottenere un cambiamento d’indole; se alla fine sarai o no in grado di essere approvato da Dio, ovviamente, è superfluo dirlo. Per di più, se non sei mai in grado di abbandonare il tuo perseguimento del prestigio, questo influenzerà la tua capacità di svolgere il tuo dovere all’altezza degli standard, cosa che ti renderà molto difficile diventare un essere creato all’altezza degli standard. Perché dico così? Non c’è nulla che Dio detesti più del perseguimento del prestigio, perché è un’indole satanica, è un cammino errato, nasce dalla corruzione da parte di Satana, è qualcosa che Dio condanna, ed è esattamente ciò che Dio giudica e purifica. Non c’è nulla che Dio detesti più del perseguimento del prestigio da parte della gente, eppure tu continui a competere ostinatamente per il prestigio, lo prediligi e lo difendi costantemente, e cerchi sempre di prenderlo per te. E tutto ciò non è forse per natura in contrasto con Dio? Il prestigio non è decretato da Dio per gli esseri umani; Dio agli esseri umani fornisce la verità, la via e la vita, in modo che possano infine diventare esseri creati all’altezza degli standard, esseri creati piccoli e insignificanti, non esseri dotati di fama e prestigio e venerati da migliaia di persone. E così, da qualunque punto di vista lo si osservi, il perseguimento di prestigio è un vicolo cieco. Per quanto sia ragionevole il tuo pretesto per perseguire il prestigio, questo cammino è comunque sbagliato e Dio non lo approva. Per quanto tu ti sforzi o per quanto grande sia il prezzo che paghi, se desideri prestigio, Dio non te lo concederà; se non te lo concederà Dio, non riuscirai a ottenerlo lottando, e se continuerai a lottare vi sarà un unico esito: sarai rivelato ed eliminato, e ti imbatterai in un vicolo cieco. Lo capisci, no?(La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9: Parte terza”). Dalle parole di Dio ho capito che perseguire reputazione e prestigio non è il cammino giusto e che questa è la cosa che Egli odia di più. Dio assegna doveri alle persone, non prestigio, e la Sua intenzione è che gli uomini siano all’altezza degli standard come esseri creati, non che diventino individui di fama e prestigio. Se essi perseguono continuamente reputazione e prestigio, questo va contro i Suoi requisiti e in sostanza equivale a opporsi a Lui: tutto ciò ha come esito finale quello di essere rivelati ed eliminati da Dio. Ho riflettuto su quando, in passato, ero stata supervisore del lavoro del Vangelo e, nonostante le mie numerose responsabilità, non mi concentravo su come svolgere bene il mio lavoro primario. Invece, ero insoddisfatta, volevo essere eletta leader di distretto per ottenere un prestigio più alto ed essere ammirata da un numero maggiore di persone. Ho pensato all’arcangelo. In principio, Dio lo aveva reso sovrano sugli angeli, ma lui era insoddisfatto e voleva essere uguale a Dio e alla fine Egli lo ha scacciato e gettato nell’abisso. Il mio comportamento era proprio come quello dell’arcangelo: volevo sempre ottenere una posizione più elevata, avere più persone che mi ammirassero e mi adorassero. In sostanza, contendevo a Dio le persone, desiderando un posto nel loro cuore. Quando non ero stata scelta come leader di distretto e le mie ambizioni e i miei desideri non si erano realizzati, ero diventata scontenta, insoddisfatta e non mi ero sottomessa alla situazione orchestrata da Dio, avevo espresso le mie frustrazioni sul lavoro e mi ero opposta a Lui. Avevo sfogato il mio malcontento a spese del lavoro della chiesa, e questo era opporsi a Dio! In quel momento, ho cominciato ad avere una certa comprensione di quello che Egli diceva riguardo al fatto che perseguire reputazione e prestigio era come imboccare una strada senza uscita. Pensando a questo, ero davvero grata per la situazione che Dio aveva disposto per me. Se non fossi stata isolata, non mi sarei risvegliata in tempo e non avrei conosciuto la natura e le conseguenze del perseguire reputazione e prestigio. Il fatto che la chiesa non mi avesse espulsa ma solo isolata era già la misericordia di Dio verso di me.

Un giorno, durante le mie devozioni spirituali, ho letto un passo delle parole di Dio e ho capito come avrei dovuto trattare la mia mancata elezione a leader di distretto. Dio Onnipotente dice: “Se ti ritieni adatto a essere un leader, in possesso del talento, della levatura e dell’umanità necessari al ruolo, eppure la casa di Dio non ti ha promosso e i fratelli e le sorelle non ti hanno eletto, come dovresti trattare la questione? Qui c’è un percorso di pratica che puoi seguire. Devi conoscere a fondo te stesso. Cerca di capire se il punto è che hai un problema con la tua umanità, o che la rivelazione di qualche aspetto della tua indole corrotta ripugna alle persone, o se è che sei privo della verità realtà e gli altri non ti trovano convincente, o che lo svolgimento del tuo dovere non è all’altezza degli standard. Devi riflettere su tutto questo e vedere in cosa esattamente sei carente. […] Devi perseguire l’ingresso nella vita, eliminare prima di tutto i tuoi desideri smodati, essere volontariamente un seguace e arrivare a sottometterti veramente a Dio, senza parole di lamentela per qualsiasi cosa Egli orchestri o disponga. Quando sarai in possesso di una simile statura, la tua opportunità giungerà. Il fatto che tu voglia assumerti un pesante fardello, che te ne faccia carico, è una cosa buona. Dimostra che possiedi un cuore proattivo che cerca di progredire e che desideri tenere in considerazione le intenzioni di Dio e seguire la Sua volontà. Non si tratta di un’ambizione, ma di un autentico fardello; è la responsabilità di coloro che perseguono la verità e l’oggetto del loro perseguimento. Non hai motivi egoistici e non lo fai per il tuo bene, ma per testimoniare Dio e soddisfarLo, questo è quanto di più benedetto da Dio, ed Egli prenderà per te le disposizioni adeguate. […] L’intenzione di Dio è quella di ottenere un maggior numero di persone capaci di renderGli testimonianza; è quella di perfezionare tutti coloro che Lo amano e di rendere completo il prima possibile un gruppo di persone che abbiano un cuore e una mente con Dio. Pertanto, nella casa di Dio, tutti coloro che perseguono la verità hanno grandi prospettive, e le prospettive di coloro che amano Dio sinceramente sono illimitate. Tutti dovrebbero comprendere le Sue intenzioni. È in effetti positivo portare questo peso, ed è qualcosa che chi è dotato di coscienza e ragione dovrebbe possedere, ma non tutti saranno necessariamente in grado di assumersi un fardello pesante. Da dove deriva questa discrepanza? Per quali che siano i tuoi punti di forza o le tue capacità, e per quanto alto possa essere il tuo quoziente intellettivo, ciò che è fondamentale sono il tuo perseguimento e il cammino che percorri(La Parola, Vol. 5: Le responsabilità di leader e lavoratori, “Le responsabilità di leader e lavoratori (6)”). Riflettendo sulle parole di Dio, ho capito che l’elezione dei leader nella chiesa si basa sui principi. In quanto leader, bisogna essere in grado di condividere sulla verità per risolvere i problemi e avere un’umanità all’altezza degli standard. Occorre, inoltre, avere certe capacità lavorative e perseguire la verità. Se una persona non persegue la verità e percorre il cammino sbagliato, allora, anche se diventa leader, non andrà lontano. Io, invece, giudicavo se una persona potesse essere leader basandomi solo sull’ambito dei doveri di cui era responsabile, su quanto avesse sofferto e da quanto durasse la sua formazione. I miei criteri erano completamente in contrasto con le parole di Dio. Ripensandoci, anche se avevo passato molto tempo a formarmi per predicare il Vangelo, avevo capito alcuni principi della sua predicazione e i risultati del mio lavoro miglioravano di mese in mese, non mi concentravo sul mio accesso alla vita e mi accontentavo di tenermi semplicemente occupata ogni giorno. Raramente riflettevo su me stessa e sulle cose che incontravo e di rado meditavo sulle verità principi. Non ero affatto una persona che amava o perseguiva la verità. La responsabilità principale di un leader è guidare i fratelli e le sorelle a comprendere la verità, a entrare nelle parole di Dio e a sperimentare la Sua opera. Io non mi concentravo sul riflettere su me stessa e sul conoscermi, ma solo sul lavoro esteriore, quindi non ero qualificata per essere leader. Se fossi stata davvero eletta leader senza essere capace di svolgere il lavoro reale, non sarei forse stata una falsa leader? Inoltre, per essere leader, bisogna sovrintendere a tutti gli aspetti del lavoro e avere determinate capacità lavorative. Io supervisionavo solo il lavoro del Vangelo in quel periodo e, a volte, quando i compiti erano troppi, non riuscivo a gestirli. Semplicemente non avevo la levatura né le capacità lavorative per essere una leader. Charlotte era sempre stata leader in precedenza e condivideva sulla verità in modo più chiaro di me e, anche se le mancava esperienza nel supervisionare il lavoro del Vangelo, aveva il cuore nel posto giusto ed era disposta a praticare e imparare, quindi eleggerla come leader era una scelta più appropriata e io avrei dovuto sostenere il suo lavoro. Dopo aver riflettuto su questa faccenda, mi sono sentita più in pace con il fatto di non essere stata eletta leader.

In seguito, ho letto altre parole di Dio: “In quanto membro dell’umanità creata, l’individuo deve restare al suo posto e comportarsi bene. Custodisci diligentemente ciò che ti viene affidato dal Creatore. Non agire fuori dagli schemi e non fare cose al di là della tua capacità o che siano detestabili per Dio. Non cercare di essere una grande persona, un superman, un individuo grandioso, non cercare di diventare Dio. Le persone non dovrebbero desiderare di essere così. Cercare di diventare grandi o un superman è assurdo. Cercare di diventare Dio è ancora più vergognoso; è disgustoso e spregevole. Ciò che è prezioso, e ciò a cui gli esseri creati dovrebbero attenersi più che a ogni altra cosa, è diventare un vero essere creato; questo è l’unico obiettivo che tutte le persone dovrebbero perseguire(La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico I”). “Quando Dio richiede alle persone di svolgere bene il loro dovere, non sta chiedendo loro di portare a termine un certo numero di compiti o di realizzare grandi progetti, e nemmeno ha bisogno che compiano grandi imprese. Ciò che Dio vuole è che le persone sappiano fare tutto ciò che possono in maniera concreta e vivano secondo le Sue parole. Dio non ha bisogno che tu sia grande o nobile, né che tu compia miracoli, e nemmeno vuole vedere in te piacevoli sorprese. Non Gli serve nulla di tutto questo. Dio ha solamente bisogno che tu pratichi seriamente secondo le Sue parole. Quando ascolti le parole di Dio, fa’ ciò che hai capito, esegui ciò che hai compreso, ricorda bene ciò che hai sentito e poi, quando arriva il momento di praticare, fallo in conformità alle parole di Dio. Lascia che diventino la tua vita, le tue realtà, ciò che vivi. In tal modo Dio sarà soddisfatto. […] Voi tutti dovete avere chiaro quale tipo di persone l’opera di Dio salva, e qual è il significato della Sua salvezza. Dio chiede alle persone di presentarsi al Suo cospetto, di ascoltare le Sue parole, di accettare la verità, di liberarsi della loro indole corrotta e di praticare in linea con quanto Dio dice e ordina. Ciò significa vivere in conformità alle Sue parole, e non secondo le proprie nozioni e fantasie o le filosofie sataniche, o perseguendo l’umana ‘felicità’. Chiunque non ascolti le parole di Dio e non accetti la verità, ma continui a vivere da impenitente secondo le filosofie di Satana e con un’indole satanica, non è il tipo di persona che può ottenere la salvezza da Dio. Tu segui Dio, ma questo ovviamente avviene anche perché sei stato a tua volta scelto da Dio: ma qual è il significato del fatto che Dio ti ha scelto? È di trasformarti in qualcuno che ha fiducia in Dio, che segue veramente Dio, che sa rinunciare a tutto per Dio, e che è capace di seguire la via di Dio; qualcuno che si è liberato della sua indole satanica, non segue più Satana né vive sotto il suo potere. Se segui Dio e svolgi il tuo dovere nella Sua casa, ma nonostante ciò violi la verità sotto ogni aspetto, non fai pratica né esperienza in linea con le Sue parole, magari persino opponendoti a Lui, potresti mai essere accettato da Dio? Assolutamente no. Cosa intendo dire con questo? Svolgere il tuo dovere non è in realtà difficile, né è arduo farlo con lealtà e a un livello accettabile. Non devi sacrificare la vita né fare alcunché di particolare o di difficile, devi soltanto seguire in maniera sincera e risoluta le parole e le istruzioni di Dio, non aggiungendo le tue idee o gestendo le cose per conto tuo, ma percorrendo il cammino del perseguimento della verità. Se si riesce a farlo, si avrà sostanzialmente una sembianza umana. Quando si manifesterà vera sottomissione a Dio e si sarà diventati persone sincere, si possiederanno le sembianze di un vero essere umano(La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Adempiere bene il proprio dovere richiede un’armoniosa cooperazione”). Dio ci chiede di comportarci con onestà e costanza, di stare nella posizione di esseri creati e di attenerci ai nostri doveri. Questi sono gli obiettivi che dovremmo perseguire e questa è la sembianza che una vera persona dovrebbe avere. Se un individuo non persegue mai la verità e non la accetta mai, allora, per quanto grande possa diventare la sua fama o il suo prestigio, agli occhi di Dio è un individuo abietto e senza valore, e non può ricevere la Sua approvazione. Io ero un esempio vivente di questo. In passato ero stata responsabile di un ambito di lavoro piuttosto ampio, ma non perseguivo altro che reputazione e prestigio per guadagnare l’ammirazione altrui e non perseguivo la verità. Quando non ero stata eletta leader di distretto e non ero riuscita a guadagnare l’ammirazione e il sostegno di più persone, non ero riuscita a sottomettermi e avevo usato il lavoro per sfogare le mie frustrazioni, e inconsciamente avevo finito per percorrere il cammino dell’opposizione a Dio, pertanto ero stata destituita. Ho anche pensato a come alcuni anticristi avessero prestigio elevato e fossero leader, ma perseguissero reputazione e prestigio, non la verità. Facevano i loro doveri senza cercare i principi. Rifiutavano assolutamente di essere potati e, alla fine, a causa delle loro numerose malefatte, erano stati espulsi ed eliminati dalla chiesa. Da questi fatti ho visto più chiaramente la giustizia di Dio. Non importa se un individuo ha prestigio o se gli altri lo ammirano, perché queste cose non possono decidere tutto. Reputazione e prestigio non possono aiutare qualcuno a comprendere la verità e a essere salvato, perché Dio valuta e determina l’esito di una persona in base alla sua capacità di raggiungere la verità, non in base a quanto sia elevato il suo prestigio. Se avessi creduto in Dio solo per perseguire l’ammirazione altrui senza perseguire la verità e non mi fossi concentrata sul cercare la verità per soddisfare le intenzioni di Dio nelle cose che incontravo, allora, pur continuando a credere fino alla fine, sarei comunque stata eliminata. Solo una persona che adempie i propri doveri e si sottomette alle orchestrazioni di Dio è preziosa ai Suoi occhi. Nella Sua casa, la chiesa determina ragionevolmente per quali doveri ciascuna persona sia adatta e li assegna di conseguenza, in base ai punti di forza e alla levatura di ognuno. Io dovrei sottomettermi alla sovranità di Dio, stare nella posizione che mi spetta e fare del mio meglio nel mio dovere attuale. Anche se fossi la più piccola di tutti e relegata in un angoletto, dovrei attenermi al mio dovere e soddisfare Dio. Dopo aver acquisito questa comprensione, mi sono sentita più in pace e liberata, e sono riuscita a gestire correttamente la situazione. Così mi sono presentata davanti a Lui e ho pregato: “Dio, sono intenzionata a sottomettermi alla situazione che hai disposto. Che qualcuno mi ammiri o meno, non importa quale sia il mio prestigio presso gli altri, anche se il mio dovere non è uno di quelli che attirano l’attenzione, anche se vengo messa in un angolo, dovrei comunque adempiere il mio dovere e fare tutto ciò che posso”. Spesso pregavo in questo modo nel silenzio del mio cuore. Pian piano, le mie precedenti emozioni di negatività, passività e opposizione sono diminuite, anche il mio stato è migliorato e i risultati dei miei doveri hanno progredito a poco a poco.

In breve tempo i leader mi hanno chiesto di essere capogruppo e di supervisionare la riunione di un piccolo gruppo. Mi sono sentita molto grata, ringraziando Dio per avermi dato un’altra opportunità di formarmi. Per coincidenza, una sorella che un tempo supervisionavo era stata selezionata come leader della chiesa e ho provato un po’ di delusione, pensando che io ero solo una capogruppo e mi mancava il fascino derivante dall’essere leader della chiesa; inoltre, temevo l’opinione degli altri. Ho capito che il mio desiderio di reputazione e prestigio stava riaffiorando, così ho pregato silenziosamente Dio nel mio cuore. Ho pensato alle Sue parole: “In quanto membro dell’umanità creata, l’individuo deve restare al suo posto e comportarsi bene. Custodisci diligentemente ciò che ti viene affidato dal Creatore. Non superare i limiti(La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico I”). “Il prestigio non è decretato da Dio per gli esseri umani; Dio agli esseri umani fornisce la verità, la via e la vita, in modo che possano infine diventare esseri creati all’altezza degli standard, esseri creati piccoli e insignificanti, non esseri dotati di fama e prestigio e venerati da migliaia di persone(La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9: Parte terza”). Nel meditare sulle parole di Dio, il mio cuore si è illuminato e ho capito che, mentre quella situazione mi accadeva, Dio stava sottoponendo il mio cuore a scrutinio. In passato, volevo sempre essere ammirata e davo più valore alla reputazione e al prestigio che alla vita stessa. Quando non ero stata scelta come leader di distretto, mi ero trovata a trascurare il mio dovere e a ridere dei fratelli e delle sorelle, ritardando il lavoro della chiesa. Questa era una macchia eterna su di me, oltre che un dolore permanente nel mio cuore. Ho compreso chiaramente che, rispetto al prestigio, le responsabilità sono più importanti. Stavolta non potevo più perseguire il prestigio come prima, ero determinata a svolgere correttamente il mio dovere. Anche se fossi stata messa nell’angolo più nascosto, avrei comunque fatto bene il mio dovere, sarei stata un essere creato innocente e diligente e avrei riparato i debiti del passato. Non potevo più essere lo zimbello di Satana, tanto meno deludere le speranze di Dio. Di lì in poi, nel mio dovere ho collaborato proattivamente con i leader. Domandavo quali problemi nel gruppo avessero bisogno del mio aiuto per essere risolti e, a volte, quando i leader mi chiedevano di controllare lo stato dei fratelli e delle sorelle, lo facevo in modo proattivo. Praticare in questa maniera mi dava grande serenità. Successivamente, ho saputo che alcuni fratelli e sorelle intorno a me venivano promossi; alcuni di loro erano persone che avevo supervisionato in passato. Anche se mi sentivo un po’ turbata, ho pregato Dio e affrontato la situazione correttamente. Vedendo che alcuni fratelli e sorelle incontravano difficoltà, ho fatto del mio meglio per condividere e aiutarli e i risultati dei nostri doveri sono migliorati sempre di più. Dopo un po’, il leader della chiesa mi ha detto che ero stata riaccettata nella chiesa. A questa notizia, ho provato un sentimento indescrivibile nel cuore. Ero molto emozionata; ma, ancora di più, mi sentivo in colpa. Dio mi aveva messa in quella situazione non per rendermi le cose difficili o per ridere di me, ma per aiutarmi a riconoscere i miei problemi e correggerli in tempo. Eppure all’inizio non conoscevo me stessa e stavo quasi per lasciare Dio. Questo pensiero mi faceva venire voglia di prendermi a schiaffi. Mi sono presentata davanti a Lui e Gli ho offerto sinceramente la mia gratitudine e la mia lode.

Dopo aver vissuto queste esperienze, ho davvero capito che, in qualunque situazione Dio metta le persone, è sempre con la speranza che si pentano veramente e percorrano il cammino giusto. Anche se qualcuno viene destituito o messo in isolamento, Dio non lo abbandona mai, ma continua a guidarlo e prendersi cura di lui. Usa vari mezzi per risvegliare il cuore degli uomini e farli ravvedere. Attraverso questa esperienza, ho acquisito una certa comprensione della Sua indole giusta. Quando non facvo altro che ribellarmi e oppormi a Lui, la Sua ira era scesa su di me. Mi aveva severamente potata e disciplinata attraverso persone, eventi e cose intorno a me, e mi aveva messa da parte; nel momento in cui ero stata disposta a pentirmi davanti a Lui, aveva usato le Sue parole per continuare a illuminarmi e guidarmi; quando ero tornata veramente a Lui e avevo praticato secondo le Sue parole, la chiesa mi aveva accettata di nuovo. L’indole di Dio è vivida e reale e il Suo cuore nel salvare le persone è sincero e buono. Grazie a Dio!

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