97. Non sono più preoccupata per il lavoro di mio figlio
Ho tre sorelle maggiori. Sia loro che i mariti lavorano in ministeri governativi, chi alla presidenza della Conferenza Consultiva Politica del Popolo, chi alla dirigenza o a capo di agenzie governative. Le persone li invidiano e li stimano. Tutti dicevano di loro: “Guarda le tue sorelle maggiori. Sono una migliore dell’altra!” Ogni commento di questo tipo mi metteva un po’ di tristezza nel cuore. Le mie sorelle erano tutte così straordinarie, mentre io e mio marito eravamo solo dei dirigenti generali di un’azienda, senza alcun potere o influenza. Me ne vergognavo molto e non riuscivo a tenere alta la testa di fronte agli altri. Ho iniziato a pensare: “Non sarò mai nessuno in questa vita. Devo riporre le mie speranze in mio figlio, auspicando che quando crescerà avrà la garanzia di trovare un buon lavoro. Come minimo, se anche non diventerà un funzionario pubblico, dovrà entrare in un’agenzia governativa o in un ente pubblico. Se riuscisse a distinguersi dalla massa e a trovare un lavoro rispettabile, io potrei godere di riflesso della sua gloria”. Mio figlio aveva appena iniziato la scuola elementare, quando ho cominciato a fare progetti per lui. All’epoca, c’era una scuola privata che offriva un’istruzione migliore. Ho parlato con delle mie conoscenze e speso soldi per poterlo iscrivere lì. Volevo che andasse bene negli studi così che potesse accedere all’università in futuro. Ma purtroppo si è rivelato un po’ una delusione. Non solo non si impegnava a studiare, ma saltava regolarmente la scuola. Entrava sempre in contrasto con gli insegnanti e col passare del tempo non voleva nemmeno più andare a scuola. Ho iniziato a temere che, se non ci fosse andato, sarebbe stato destinato a essere un signor nessuno. A quel punto avrebbe potuto avere qualche buona prospettiva? Spesso gli dicevo: “Devi impegnarti nello studio. Poi, in futuro, quando entrerai in una buona università e troverai un buon lavoro, sarai molto rispettabile. I tuoi cugini più grandi sono tutti all’università. Se non studi con impegno, in futuro dovrai fare un duro lavoro fisico e la gente ti guarderà dall’alto in basso per tutta la tua vita”. Ma lui non voleva ascoltare e spesso si nascondeva da me. Dopo essere tornato a casa da scuola, mangiava un boccone e poi andava in camera sua, dicendo che doveva fare i compiti. Volevo parlare dei suoi studi, ma lui non mi dava minimamente retta. Mi sono detta: “Se, come madre, ti lascio semplicemente fare così e non ti prendo per mano, potrai avere successo in futuro?” Ho messo per iscritto le mie preoccupazioni e i miei dubbi, dandogli consigli seri e sinceri. Ma lui non mi ascoltava e continuava a saltare regolarmente la scuola. Ho iniziato a temere che prendesse una brutta strada nella società, così ho chiesto a un conoscente di farlo entrare nell’esercito. Speravo che potesse entrare in un’accademia militare. Sarebbe stato meraviglioso se in futuro fosse potuto diventare un ufficiale dell’esercito. Così, se qualcuno mi avesse chiesto: “Cosa fa tuo figlio?” avrei potuto dire con fierezza: “È un ufficiale dell’esercito”. Perciò l’ho mandato nell’esercito quando aveva quindici anni. Al termine dei tre anni di servizio, volevo sfruttare una mia conoscenza per mandarlo all’accademia militare affinché proseguisse l’addestramento, ma lui non era d’accordo e voleva assolutamente essere congedato. Ho cercato di convincerlo in tutti i modi, mi sono praticamente sgolata, ma invano: lui ha scelto comunque di essere smobilitato. Quando è tornato, è stato assegnato al dipartimento ferroviario come comune operaio. Ero profondamente insoddisfatta di quell’impiego. I figli delle mie sorelle avevano tutti intrapreso la carriera di funzionari statali. Avevano impieghi rispettabili e prestigiosi, guadagnavano molto denaro e la gente li stimava ovunque andassero. Io invece guardavo mio figlio, che non aveva una buona istruzione né un buon lavoro. Come poteva essere una tale delusione? Non avevo forse fatto tutto per il suo bene? Come poteva non capire? All’epoca, spesso piangevo in solitudine e mi vergognavo troppo a guardare in faccia le persone. La vita di mio figlio sarebbe stata davvero mediocre e patetica come la mia? Se i miei conoscenti lo avessero scoperto, chissà cosa avrebbero detto di me o come mi avrebbero derisa alle mie spalle! No. Sentivo che non poteva continuare così. Dovevo trovare un modo per far riassegnare mio figlio a un buon impiego. Non potevo permettere che rimanesse un comune operaio per tutta la vita! Ho cominciato a cercare contatti ovunque. Anche le mie sorelle mi hanno aiutata a contattare diversi datori di lavoro, ma alla fine non ne è venuto fuori nulla a causa della mancanza di istruzione di mio figlio. Mi sono scervellata per trovargli un impiego, tanto da divenirne affranta. Tutti i miei familiari mi consigliavano di lasciare che le cose facessero il loro corso, ma io non ero disposta a rassegnarmi. Ho quindi costretto mio marito a chiedere a qualcuno di trovare un contatto che potesse procurare a mio figlio un impiego diverso. Nonostante molte preoccupazioni e molto denaro, alla fine non sono comunque riuscita a procurargli un nuovo lavoro. Non avendogli trovato un impiego rispettabile, non l’ho lasciato andare a lavorare per tre anni: l’ho fatto stare a casa ad aspettare. Allora lui ha iniziato a cedere sempre più ai vizi. Ogni giorno, o giocava o era fuori a mangiare, bere e divertirsi. In quel periodo, non pensavo ad altro che a come trovargli un lavoro rispettabile. Non riuscivo a mangiare né a dormire bene per questo e la mia vita era dura e faticosa. Proprio quando ero così preoccupata e sentivo di non avere una via d’uscita, mi sono imbattuta nel Vangelo di Dio Onnipotente. Dopo aver accettato l’opera di Dio Onnipotente degli ultimi giorni, spesso mi riunivo e svolgevo i doveri con i miei fratelli e sorelle. Questo mi faceva sentire felice e libera. Tuttavia, quando non ero impegnata, non riuscivo a trattenermi dall’essere in ansia per il lavoro di mio figlio.
Un giorno ho letto queste parole di Dio: “Quando si lasciano i genitori e si diventa indipendenti, le condizioni sociali che si affrontano, e il tipo di lavoro e di carriera disponibili, sono entrambi decretati dal destino e non hanno nulla a che fare con i genitori. Alcuni scelgono una buona specializzazione all’università e, dopo la laurea, trovano un lavoro gratificante, muovendo un primo passo trionfante nel viaggio della vita. Altri acquisiscono e padroneggiano molte competenze diverse, ma non trovano mai un lavoro idoneo o una posizione adeguata, né tantomeno fanno carriera; all’inizio del viaggio della vita si ritrovano frustrati a ogni piè sospinto, assillati dai problemi, con prospettive cupe e un’esistenza incerta. Alcuni si applicano diligentemente allo studio, ma mancano per un pelo ogni possibilità di ricevere un’istruzione superiore; sembrano destinati a non raggiungere mai il successo, con la loro primissima aspirazione nel viaggio della vita che si è dissolta nel nulla. Non sapendo se la strada davanti a sé sia liscia o sassosa, si accorgono per la prima volta quanto il destino umano sia pieno di variabili e dunque guardano alla vita con attesa e paura. Alcuni, pur non essendo molto istruiti, scrivono libri e conquistano una certa fama; alcuni, seppure quasi completamente analfabeti, fanno soldi nel commercio e così sono in grado di mantenersi… Quale professione si intraprende, come ci si guadagna da vivere: le persone hanno qualche controllo sul fatto di fare una scelta buona o cattiva riguardo a queste cose? Queste cose rispecchiano i loro desideri e le loro decisioni? La maggior parte degli uomini nutre questi desideri: lavorare di meno e guadagnare di più, evitare di faticare sotto il sole o la pioggia, vestirsi bene, brillare e splendere ovunque, torreggiare sugli altri e rendere onore agli antenati. Le persone sperano nella perfezione ma, quando compiono i primi passi nel viaggio della vita, arrivano gradualmente a rendersi conto di quanto sia imperfetto il destino umano e, per la prima volta, capiscono davvero che, per quanto si possano fare progetti audaci per il futuro e per quanto si possano nutrire fantasie ardite, nessuno ha la capacità o il potere di realizzare i propri sogni, e nessuno è nella posizione di controllare il proprio futuro. Ci sarà sempre una certa distanza tra i propri sogni e le realtà che si devono affrontare; le cose non sono mai come si vorrebbero e, di fronte a tali realtà, le persone non riescono mai a raggiungere la soddisfazione o l’appagamento. Alcune faranno qualunque cosa immaginabile, compiranno grandi sforzi e notevoli sacrifici per il proprio sostentamento e il proprio futuro, nel tentativo di cambiare il proprio destino. Alla fine, tuttavia, anche se riuscissero a realizzare sogni e desideri attraverso il duro lavoro, non saranno mai in grado di cambiare il proprio fato e, per quanto ci provino con determinazione, non riusciranno mai a superare ciò che il destino ha riservato loro. A prescindere dalle differenze di capacità, di intelligenza e di forza di volontà, gli uomini sono tutti uguali davanti al destino, che non fa distinzione tra il grande e il piccolo, l’alto e il basso, il nobile e l’umile. Quale professione si intraprende, cosa si fa per guadagnarsi da vivere e quanta ricchezza si accumula nella vita sono aspetti che non vengono decisi dai genitori, dai talenti, dagli sforzi o dalle ambizioni, bensì prestabiliti dal Creatore” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico III”). Ho riletto questo passo diverse volte. Più lo leggevo, più sentivo che ciò che Dio diceva era assolutamente vero. Proprio come dicono le Sue parole, avevo sempre avuto le mie idee e i miei progetti personali e speravo che mio figlio potesse ottenere un buon lavoro, di rispetto e di prestigio. Tuttavia, nulla di tutto ciò può essere realizzato attraverso la pianificazione degli esseri umani, poiché Dio regna sovrano sul destino di tutti noi e lo dispone. Non possiamo realizzare i nostri desideri affidandoci ai nostri sforzi e al nostro impegno. Ho speso così tanto per mandare mio figlio in una scuola privata quando era piccolo. Tutto questo perché si impegnasse nello studio e avesse un buon lavoro e buone prospettive per il futuro. Ma lui si rifiutava di ascoltare e spesso saltava la scuola. Ho cercato di insegnarglielo con serietà e sincerità, ma lui non solo non mi ascoltava, addirittura continuava a evitarmi. In seguito, l’ho fatto arruolare nell’esercito, sperando che in futuro sarebbe entrato all’accademia militare e diventato un ufficiale. Tuttavia, ha continuato a non darmi ascolto e ha insistito per essere congedato, diventando così un comune operaio delle ferrovie. Non ero disposta a lasciar correre, perché il suo impiego era così lontano dalle mie aspettative. Ho cercato ovunque, usando i miei contatti e cercando di sfruttare le mie conoscenze, ed ero disposta a pagare qualsiasi prezzo per procurargli il lavoro ideale. Ma, dopo diversi anni di tormento e dopo che ho investito un’enorme quantità di denaro e di sforzi, i miei desideri alla fine non si sono avverati. Dalle parole di Dio, ho capito che il lavoro che una persona farà nel corso della sua vita non è deciso dal suo impegno, dalla sua ambizione o dai suoi desideri. Dio ha stabilito molto tempo fa quali lavori una persona farà in questa vita e qual è il suo destino. Non sta a me decidere quale lavoro potrà fare mio figlio e quali saranno le sue prospettive. È stato Dio a prestabilirlo. Per quanto facessi progetti o chiedessi alle persone di usare le loro conoscenze, non sarebbe servito a nulla, era tutto inutile. Non solo vivevo in quel modo estenuante, ma avevo anche educato mio figlio al vizio. Quando l’ho capito, ho pregato Dio. Ero disposta ad affidare mio figlio a Lui e a sottomettermi alle Sue orchestrazioni e disposizioni. Dopo aver pregato, mi sono sentita molto più rilassata.
In seguito, due colleghi del datore di lavoro di mio figlio sono venuti a casa nostra per sapere cosa stesse succedendo. Hanno detto che mio figlio non lavorava da diversi anni e che se avesse continuato così sarebbe stato automaticamente licenziato. A questa notizia, mi sono sentita di nuovo in preda a un conflitto interiore: “Mio figlio sarà sempre e solo un comune operaio in futuro?” Continuavo a non volerlo accettare, così ho chiesto a mio figlio: “Se torni a lavorare adesso, in futuro non sarai altro che un operaio. Cosa vuoi fare?” Non me l’aspettavo, ma lui ha accettato di andare a lavorare. In quel momento, ho pensato a queste parole di Dio: “Nessun’altra condizione oggettiva può influenzare la missione di una persona, che è prestabilita dal Creatore. Tutti gli uomini maturano nello specifico ambiente in cui crescono; poi gradualmente, passo dopo passo, si avviano lungo la propria strada nella vita e compiono i destini pianificati per loro dal Creatore. In modo naturale e involontario, entrano nel vasto oceano dell’umanità e occupano il loro posto nell’esistenza, dove cominciano a adempiere le loro responsabilità di esseri creati, nell’interesse della predestinazione del Creatore, della Sua sovranità” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico III”). Dio aveva già disposto il destino di mio figlio e i lavori che avrebbe svolto nel corso della sua vita. Ora, lui era cresciuto e dovevo lasciarlo andare. Voleva tornare a lavorare, quindi avrei dovuto permetterglielo. Non molto tempo dopo, mio figlio è andato a lavorare dal suo datore di lavoro.
In un lampo, sono trascorsi diversi anni. Sebbene fossi riuscita ad abbandonare in qualche modo la questione del suo impiego, in occasione del Capodanno cinese e di altre festività, quando tutta la famiglia si riuniva e sentivo le mie sorelle maggiori parlare del successo dei loro figli, provavo abbattimento. Mi sentivo sempre inferiore a loro e non riuscivo a dire una parola. Provavo nel cuore una sensazione che non riuscivo a descrivere. Ho pregato Dio: “Amato Dio, dalle Tue parole, ho capito che regni sovrano sul destino delle persone. Ma perché provo tristezza quando sento le mie sorelle parlare dei successi dei loro figli, come se fossi inferiore a loro? Amato Dio, possa Tu guidarmi a capire i miei problemi”.
Un giorno, durante le mie devozioni spirituali, ho letto queste Sue parole: “In effetti, per quanto nobili siano gli ideali umani, per quanto realistici siano i desideri dell’uomo o per quanto appropriati possano essere, tutto ciò che l’uomo vuole realizzare, tutto ciò che l’uomo persegue è inestricabilmente connesso a due parole. Queste due parole sono di vitale importanza nella vita di ogni persona e sono cose che Satana intende instillare nell’uomo. Quali sono queste due parole? Sono ‘fama’ e ‘guadagno’. Satana usa un metodo molto morbido, molto consono alle nozioni delle persone, niente affatto radicale, tramite il quale fa sì che le persone accettino inconsapevolmente il suo modo di vivere, le sue regole di vita, e stabiliscano i loro obiettivi e la loro direzione nella vita e arrivino anche inconsapevolmente ad avere delle ambizioni nella vita. Per quanto grandiose possano sembrare queste ambizioni, sono inestricabilmente legate a ‘fama’ e ‘guadagno’. Tutto ciò che qualsiasi persona grande o famosa – ogni persona, in effetti – segue nella vita, si riferisce unicamente a queste due parole: ‘fama’ e ‘guadagno’. Dopo aver ottenuto fama e guadagno, le persone pensano di poterli capitalizzare per usufruire di uno prestigio elevato e di grandi ricchezze, e godersi così la vita. Pensano che fama e guadagno siano una sorta di capitale che possono utilizzare per una vita improntata alla ricerca del piacere e al godimento sfrenato della carne. Per questa fama e questo guadagno tanto bramati dall’umanità, le persone consegnano volentieri, seppure inconsapevolmente, i loro corpi, le loro menti, tutto ciò che possiedono, il loro futuro e il loro destino, a Satana. Lo fanno genuinamente e senza neppure un attimo di esitazione, sempre ignare della necessità di recuperare tutto ciò che hanno consegnato. Possono le persone mantenere un qualche controllo su di sé dopo essersi rifugiate in Satana ed essergli diventate leali in questo modo? Certo che no. Sono completamente e assolutamente controllate da Satana. Sono completamente e assolutamente sprofondate in un pantano e sono incapaci di liberarsi” (La Parola, Vol. 2: Riguardo al conoscere Dio, “Dio Stesso, l’Unico VI”). Dalle parole di Dio, ho capito che, quando vedevo le mie sorelle lodare il successo dei loro figli, ero turbata perché davo troppa importanza alla fama e al guadagno. Vivevo secondo i pensieri e punti di vista errati inculcati nelle persone da Satana, come “Mentre l’uomo si affanna verso l’alto, l’acqua scorre verso il basso” e “Cerca di essere al di sopra degli altri e di eccellere”. Credevo che, se avessi avuto fama e guadagno, avrei avuto tutto, sarei stata invidiata e stimata ovunque fossi andata e avrei goduto di prestigio. Pensavo che sarei stata in grado di tenere la testa alta di fronte agli altri e di parlare con sicurezza. Ero convinta che solo vivendo in questo modo avrei avuto dignità. Quando vedevo che le mie sorelle e i loro mariti erano personalità rispettate ed erano stimati ovunque andassero, provavo un’enorme invidia e volevo diventare come loro. Volevo essere stimata e godere inoltre di fama e guadagno. Non essendo riuscita a realizzare i miei desideri, ho riposto le speranze in mio figlio, sperando che trovasse un lavoro rispettabile. In questo modo sarei stata in grado di tenere la testa alta e di godere di prestigio. Per questo, sono stata disposta a pagare qualsiasi prezzo per coltivare mio figlio. Tuttavia, le cose non sono andate come desideravo. Lui semplicemente non mi ha dato ascolto e alla fine si è ritrovato a fare l’operaio. Vedere le mie speranze vanificate mi ha colmata di angoscia. Mi pareva di non poter mai tenere la testa alta di fronte agli altri e vivevo ogni giorno nella sofferenza. Non ero disposta a vedere mio figlio vivere una vita mediocre e insignificante e ho speso soldi e fatto appello alle mie conoscenze per procurargli un lavoro diverso. Alla fine, ho speso molto denaro, ma non sono riuscita a fargli ottenere un nuovo lavoro. Lui è rimasto a casa giorno dopo giorno senza fare nulla ed è diventato inutile. Soffrivo perché perseguivo la fama e il guadagno, preoccupandomi solo della mia reputazione e dei miei interessi. Non tenevo affatto conto dei sentimenti di mio figlio e lo costringevo a inseguire i sogni che io non ero riuscita a realizzare. Oltre a ostacolare lui, vivevo anche in condizioni di estrema infelicità. Tutti questi pensieri e punti di vista satanici non fanno altro che danneggiare le persone. Sono come catene invisibili che mi legano stretta, rendendomi disposta a investire tempo e fatica per essi nonostante si prendano gioco di me. Quanto ero sciocca! Quando ho capito questo, è stato come se un nodo che avessi avuto nel cuore per molti anni si fosse improvvisamente sciolto. Senza la guida delle parole di Dio, sarei sprofondata nel pantano del perseguimento della fama e del guadagno, incapace di uscirne. Ho ringraziato la guida delle parole di Dio! Ora avevo una certa comprensione dei miei perseguimenti sbagliati del passato ed ero in qualche modo in grado di discernere i modi in cui Satana corrompe le persone. Non ero disposta a continuare a vivere secondo i pensieri e i punti di vista di Satana e ho deciso di smettere di interferire con il lavoro di mio figlio.
In seguito, ho letto un passo delle parole di Dio e ho imparato a trattare correttamente l’impiego di mio figlio. Dio Onnipotente dice: “Diciamo che Dio abbia decretato che un uomo sia un comune lavoratore e che in questa vita possa guadagnare solo uno stipendio di base per procurarsi cibo e vestiti, ma i suoi genitori insistano perché diventi una celebrità, una persona ricca, un alto funzionario, e pianifichino e dispongano le cose per il suo futuro prima che egli raggiunga l’età adulta e paghino vari tipi di cosiddetti prezzi nel tentativo di controllare la sua vita e il suo futuro. Non è sciocco? (Sì.) […] nessun genitore desidera che i propri figli diventino mendicanti, ma neppure deve insistere affinché i figli si distinguano nel mondo e diventino alti funzionari o persone di spicco negli alti ceti della società. Cosa c’è di buono nel far parte degli alti ceti della società? Cosa c’è di buono nel distinguersi nel mondo? Questi sono pantani, non sono cose positive. È forse una buona cosa diventare una celebrità, un personaggio di spicco, un superuomo o qualcuno in possesso di una posizione e di prestigio? La vita più confortevole è quella di una persona comune. Cosa c’è di male nel vivere una vita un po’ più povera, più dura, più faticosa, nel potersi permettere cibo e vestiti leggermente peggiori? Quanto meno una cosa è sicura: non vivendo secondo le tendenze sociali dei ceti elevati, almeno peccherai meno e opporrai meno resistenza a Dio. In quanto persona comune, non affronterai tentazioni così grandi o tanto frequenti. Anche se la tua vita sarà un po’ più dura, almeno non sarai stanco nello spirito. Pensaci: come comune lavoratore, tutto ciò di cui devi preoccuparti è garantirti tre pasti al giorno. Quando sei un funzionario è diverso. Devi lottare, e ogni giorno la tua posizione potrebbe essere messa a repentaglio. E se la perderai non sarà tutto qui: coloro che hai offeso verranno a cercarti per regolare i conti e ti puniranno. La vita è molto faticosa per le celebrità, per i personaggi di spicco e per i ricchi. Le persone ricche hanno sempre paura di perdere la loro ricchezza in futuro e di non essere in grado di andare avanti se ciò accadesse. Le celebrità vivono nella paura che la loro aura si dissolva e vogliono sempre proteggerla, per timore che questa epoca e le tendenze le elimineranno. La loro vita è così faticosa! I genitori non discernono mai queste cose e vogliono sempre spingere i figli nel cuore di questa lotta, mandandoli in queste fosse di leoni e in questi pantani” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (18)”). Le parole di Dio mi hanno fatto capire che avrei dovuto sottomettermi alla Sua sovranità e alla Sua predestinazione riguardo al lavoro di mio figlio. Non c’è nulla di male nell’essere un operaio: ci si può permettere vestiti e cibo e mantenere una vita normale. Non è forse un’ottima cosa? Io invece avevo sempre voluto che mio figlio intraprendesse la carriera di funzionario statale o che diventasse un ufficiale dell’esercito ed entrasse in un dipartimento governativo. Ho visto che stavo adorando il potere e il prestigio e che ciò che facevo stava spingendo mio figlio nell’abisso! In superficie, le agenzie governative sembrano rispettabili. Vedi uscirne tutte persone con indosso abiti eleganti e scarpe di pelle. Sembrano tutte molto prestigiose. Ma in realtà sono i luoghi più oscuri che esistano. Prendiamo i figli delle mie sorelle maggiori. Anche se sono alti dirigenti nelle loro organizzazioni e hanno molto potere e molta influenza, non conducono una vita felice. Non parlano d’altro che di come usare le conoscenze per proteggere il proprio prestigio. Temono di poter perdere un giorno la loro posizione e di essere tormentati dagli altri. Vivono davvero sul filo del rasoio. Chi lavora in un’agenzia governativa verrà verosimilmente risucchiato in vari tipi di lotte di potere e non potrà sfuggirvi nemmeno se lo vorrà. Alcuni danno la vita per servirle, diventando complici di Satana. La coscienza, la linea di fondo morale, la condotta e la dignità umana svaniscono. Costoro compiono ogni cattiva azione possibile e fanno il male in molte forme. Alla fine, si ritrovano a essere sacrifici per Satana. Ma io non riuscivo a capirlo a fondo e spingevo mio figlio verso le agenzie governative. Ero davvero troppo sciocca! Il lavoro che Dio dispone per le persone è sufficiente a mantenere una vita normale. Proprio come Egli dice: “Accontentati di cibo e vestiti” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (20)”). Credevo in Dio da molti anni, ma non avevo mai vissuto la realtà delle Sue parole. La mia prospettiva sulle cose non era poi cambiata molto e i miei punti di vista su cosa perseguire erano gli stessi delle persone mondane. Adoravo il potere e perseguivo fama, guadagno e prestigio. Ho persino spinto mio figlio verso l’abisso e il pantano per realizzare il mio obiettivo. Se lo avessi avviato alla carriera politica, sarebbe stato trascinato in conflitti e avrebbe finito per lottare sia apertamente che velatamente con gli altri. Avrebbe dovuto stare tutto il tempo in guardia da questa persona o sulla difensiva con quell’altra, mettendo in atto macchinazioni e tranelli. Chissà che tipo di cose avrebbe finito per fare! Spingendo mio figlio in quel posto per soddisfare il mio orgoglio e il mio prestigio, non lo stavo forse danneggiando? Anche se ora lui è un comune operaio, soffre un po’ fisicamente ed è in qualche modo stanco, la sua vita non è faticosa come quella dei suoi cugini e nemmeno è stato risucchiato in intrighi e lotte. Non deve preoccuparsi di perdere la sua posizione e ha una vita rilassata e serena. Riesce inoltre a mantenersi da solo. Non è una cosa meravigliosa? Le disposizioni di Dio sono sempre appropriate.
In seguito, ho cercato nelle Sue parole. Come genitori, non dovremmo pretendere costantemente che i nostri figli siano al di sopra degli altri. Qual è dunque il modo corretto di trattare i nostri figli? Ho letto queste parole di Dio: “Analizzando l’essenza delle aspettative nutrite dai genitori nei confronti dei figli, possiamo vedere che sono egoistiche, vanno contro l’umanità e, inoltre, non hanno nulla a che vedere con le responsabilità dei genitori. Quando i genitori impongono ai figli vari requisiti e aspettative, non stanno adempiendo alle proprie responsabilità. Quali sono dunque le loro ‘responsabilità’? Le responsabilità più basilari che i genitori dovrebbero assolvere sono insegnare ai figli a parlare, istruirli a essere persone amorevoli e non cattive, e guidarli verso una direzione positiva. Queste sono le loro responsabilità più basilari” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (18)”). “I genitori devono solamente adempiere alle proprie responsabilità nei confronti dei figli, educarli e allevarli fino all’età adulta. Non hanno bisogno di farli diventare degli individui di talento. Ciò è facile da realizzare? (Sì.) È una cosa facile da fare: non devi farti carico di alcuna responsabilità nei confronti del futuro o della vita dei tuoi figli, né sviluppare alcun piano per loro, e nemmeno fare previsioni su che tipo di persone diventeranno, che tipo di vita avranno in futuro, in quali ambienti sociali si troveranno, che qualità di vita avranno in questo mondo o di che tipo di prestigio godranno tra gli altri. Non devi prevedere né controllare queste cose; tutto ciò che devi fare è adempiere alle tue responsabilità di genitore. Tutto qui” (La Parola, Vol. 6: Riguardo al perseguimento della verità, “Come perseguire la verità (18)”). Nelle parole di Dio, ho trovato un cammino di pratica. Le responsabilità di un genitore nei confronti dei figli prima che raggiungano l’età adulta sono quelle di crescerli, farli diventare adulti e guidarli a percorrere il giusto cammino. I genitori dovrebbero lasciare andare i figli adulti e permettere loro di vivere la loro vita. Quando i figli hanno bisogno di aiuto, i genitori possono aiutarli in base alle loro condizioni effettive. Ora mio figlio è un adulto. Ha i suoi pensieri e fa le sue scelte. Non dovrei interferire con la sua vita e orchestrarla per soddisfare i miei desideri. Quello che posso fare è dargli suggerimenti e consigli quando è in difficoltà e fornirgli una guida positiva, ma ciò che sceglie dipende da lui. In futuro, quanto a questioni del tipo se rimarrà sempre un operaio, con quali persone e cose entrerà in contatto e che tipo di vita condurrà, sono state tutte disposte da Dio. Non sono sotto il mio controllo. Quello che posso fare è sottomettermi e adempiere le mie responsabilità di genitore. Ora non mi preoccupo né mi sfinisco più per il lavoro di mio figlio e non mi sento più imbarazzata e limitata da questo. Sono capace di acquietare il mio cuore e di metterlo interamente nei miei doveri. Vivendo in questo modo, ho il cuore sereno e rilassato.