94. Ho abbandonato il mio desiderio di prestigio
Nel dicembre del 2023 sono stato eletto predicatore. Quando ho ricevuto la notizia, ero un po’ preoccupato: “Come predicatore, devo essere responsabile di diverse chiese. Devo riunirmi spesso con i leader e i diaconi della chiesa e condividere con loro per guidare il lavoro. Questo richiede una comprensione della verità e un’abilità di condividere su di essa per risolvere i problemi. Credo in Dio solo da poco tempo e la mia comprensione della verità non è profonda. Ho appena iniziato a formarmi come leader nella chiesa e sono ancora piuttosto carente nel condividere sulla verità per risolvere i problemi. Se non riesco a risolverli durante le riunioni con i fratelli e le sorelle, cosa penseranno di me? Che non sono capace di svolgere questo dovere? Mi guarderanno dall’alto in basso?” Poi però ho pensato: “Il dovere mi chiama con il permesso di Dio e, inoltre, è la Sua grazia. Non posso deluderLo; devo fare affidamento su di Lui nello svolgere il lavoro”. Pertanto, ho accettato quel dovere.
All’inizio, per comunicare con i leader e i diaconi della chiesa riguardo al lavoro, mi limitavo a scambi di lettere, ma questo metodo si è rivelato poco efficace Per alcuni lavori era necessario riunirsi di persona al fine di comprendere la situazione e fornire una guida pratica. Pensavo al fatto che la maggior parte dei leader della chiesa credeva in Dio da più tempo di me e sicuramente comprendeva più verità rispetto a me. Se non fossi riuscito a condividere bene e non fossi stato in grado di risolvere i loro problemi e le loro difficoltà, non sarebbe stato davvero imbarazzante? Invece, comunicando tramite lettere, avrei potuto prima capire chiaramente il problema, poi prendermi del tempo per riflettere e rivolgermi ai miei superiori in merito a ciò che non capivo. Almeno non mi sarei messo in imbarazzo davanti a tutti. Tuttavia, senza riunioni non c’era modo di comprendere in dettaglio i loro problemi e le loro difficoltà, perciò non ho avuto altra scelta che organizzarne una. Quel giorno ero estremamente nervoso. Durante la riunione, una sorella ha detto che aveva trovato molti problemi durante il lavoro di allontanamento e non sapeva come risolverli, e ha aggiunto che anche il suo stato era negativo. All’inizio, la mia mente si è svuotata e non sono riuscito a capire subito quale fosse il problema, e così mi sono agitato ancora di più. Pensavo a come la sorella stesse ancora aspettando che condividessi con lei e mi preoccupavo di cosa avrebbero pensato i fratelli e le sorelle se non fossi riuscito a risolvere alcun problema alla mia prima riunione. Se non avessi saputo risolvere nemmeno quello, avrebbero pensato che non fossi all’altezza di fare il predicatore? Per evitare che i fratelli e le sorelle mi capissero a fondo, non ho potuto fare altro che costringermi a cercare tra le parole di Dio. Dopo una prolungata ricerca, non riuscivo comunque a trovare un passo che si adattasse allo stato della sorella. Alla fine, sono riuscito a trovarne giusto uno ma, una volta terminata la lettura, nessuno ha condiviso in merito. La stanza era immersa in un silenzio tombale e io ero mortificato dall’imbarazzo. Mi sono detto: “Che immenso imbarazzo. Sicuramente il passo delle parole di Dio che ho trovato non è appropriato e non può risolvere il problema. Ora i fratelli e le sorelle conosceranno il mio vero livello. Come farò a guardarli di nuovo in faccia?” Più ci pensavo, più sentivo di non saper svolgere quel dovere. Alla fine, ho solo condiviso brevemente e in modo superficiale con poche parole e ho cambiato argomento iniziando a informarmi del lavoro. Tuttavia, essendo nervoso e preoccupato di come i fratelli e le sorelle mi avrebbero giudicato se non fossi riuscito a risolvere alcun problema, mi sono fatto solo un’idea molto vaga del lavoro e ho tirato avanti con gran fatica fino alla fine dell’incontro. Quando sono tornato a casa, mi sentivo molto negativo e ho pensato: “La riunione di oggi è stata un totale fallimento. Non solo non ho risolto i problemi dei fratelli e delle sorelle, ma ho anche smascherato fino in fondo il mio vero livello. Come farò a guardare di nuovo in faccia i fratelli e le sorelle?” In quel periodo vivevo in uno stato negativo e non avevo energia per nutrirmi delle parole di Dio. Non ero diligente nel seguire il lavoro come facevo un tempo ed evitavo deliberatamente le riunioni. Per quasi un mese non ho avuto il coraggio di riunirmi nemmeno con i leader e i diaconi. In quel periodo, alcuni leader della chiesa non afferravano i principi e l’organizzazione dei materiali di allontanamento avanzava in modo particolarmente lento. Dopo diversi scambi di lettere, non c’era ancora nessun miglioramento, quindi era necessario incontrarsi di persona per offrire una guida pratica. Tuttavia, per salvare la faccia, non sono andato. Questo ha rallentato il lavoro di allontanamento.
In seguito, quando mi sono riunito con i miei collaboratori, ho parlato loro del mio stato. La sorella con cui collaboravo mi ha mostrato un video in cui si leggevano le parole di Dio. Dio Onnipotente dice: “Quando qualcuno viene selezionato dai fratelli e dalle sorelle per essere leader, oppure viene promosso dalla casa di Dio per svolgere un certo lavoro o svolgere un certo dovere, ciò non significa che abbia un prestigio o un’identità speciali o che le verità che comprende siano più profonde e più numerose di quelle di altre persone, né tantomeno che sia capace di sottomettersi a Dio e che non Lo tradirà. Di certo non significa neppure che conosca Dio e che Lo tema. In realtà, non ha raggiunto nulla di tutto ciò. La promozione e la coltivazione sono semplicemente promozione e coltivazione in senso diretto, e ciò non equivale al fatto che sia predestinato e approvato da Dio. La sua promozione e la sua coltivazione significano semplicemente che è stato promosso ed è in attesa di essere coltivato. E il risultato definitivo di questa coltivazione dipende dal fatto che tale persona persegua o no la verità e che sia o meno in grado di scegliere il cammino tramite il quale perseguirla. Così, quando qualcuno nella chiesa viene promosso e coltivato per essere leader, viene promosso e coltivato solo nel senso semplice; non significa che sia già un leader all’altezza degli standard o competente, che sia già capace di intraprendere il lavoro di leader e che possa svolgere un lavoro reale. Non è così. La maggior parte delle persone non riesce a capire fino in fondo queste cose e, basandosi sulla propria immaginazione, ammira coloro che sono stati promossi. Questo è un errore. Non importa quanti anni abbiano creduto in Dio, coloro che vengono promossi possiedono davvero la verità realtà? Non necessariamente. Sono in grado di attuare le disposizioni lavorative della casa di Dio? Non necessariamente. Possiedono senso di responsabilità? Sono dotati di lealtà? Sono capaci di sottomettersi a Dio? Quando incappano in un problema, sono in grado di cercare la verità? Tutto ciò è ignoto. Queste persone hanno un cuore che teme Dio? E quanto è grande il loro cuore che teme Dio? Riescono a evitare di seguire la propria volontà quando fanno le cose? Sono in grado di cercare Dio? Durante il periodo in cui svolgono il lavoro di leader, sono in grado di venire frequentemente dinanzi a Dio per cercare le Sue intenzioni? Sono in grado di guidare le persone nella verità realtà? Sono senza dubbio incapaci di fare queste cose. Non hanno ricevuto una formazione e non hanno fatto sufficienti esperienze, quindi sono incapaci di fare queste cose. Per questo promuovere e coltivare qualcuno non significa che comprenda già la verità, né equivale a dire che è già in grado di svolgere il suo dovere in un modo che sia all’altezza degli standard. Quali sono dunque lo scopo e il significato del promuovere e coltivare qualcuno? Il fatto che costui sia promosso, in quanto individuo, affinché pratichi e venga irrigato e formato in modo speciale, il che lo mette in condizione di comprendere le verità principi e i principi, i mezzi e i metodi per fare diverse cose e risolvere vari problemi, nonché il modo di gestire e trattare i vari tipi di ambienti e persone che incontra in conformità con le intenzioni di Dio e in maniera tale da proteggere gli interessi della casa di Dio. Giudicando in base a questi punti, le persone di talento promosse e coltivate dalla casa di Dio sono in grado di svolgere adeguatamente il loro lavoro e di fare bene il loro dovere durante il periodo di promozione e coltivazione o prima della promozione e della coltivazione? Naturalmente no. Quindi è inevitabile che, durante il periodo di coltivazione, queste persone sperimentino la potatura, il giudizio e il castigo, lo smascheramento e persino la destituzione; è normale, questo significa ricevere formazione e coltivazione” (La Parola, Vol. 5: Le responsabilità di leader e lavoratori, “Le responsabilità di leader e lavoratori (5)”). Dopo aver letto le parole di Dio ho capito che, se una persona viene promossa e coltivata, non significa che sia migliore degli altri, che possieda la verità realtà o sia in grado di capire con chiarezza e risolvere qualsiasi problema. Quando la chiesa promuove e coltiva qualcuno, gli affida una responsabilità e un fardello e gli permette di avere più opportunità di fare pratica e di imparare a individuare i problemi e cercare la verità per risolverli. È assolutamente normale che ci siano cose che quella persona non comprende o non sa fare. Era proprio come quando mi ero riunito e avevo condiviso con i fratelli e le sorelle. Poiché credevo in Dio da poco tempo e avevo appena iniziato a svolgere quel dovere, era normalissimo che non sapessi come risolvere alcuni problemi. Tuttavia, avevo sempre creduto che, in quanto predicatore, dovessi essere in grado di risolvere i problemi e non potessi dire che non avevo idea di come fare le cose. Così, durante quella riunione, avrei voluto essere in grado di vedere chiaramente e risolvere ogni problema e, quando non ci ero riuscito, avevo coperto le mie carenze. Ero anche stato negativo e mi ero giudicato non all’altezza di quel dovere e, per quasi un mese, non avevo avuto il coraggio di riunirmi nemmeno con i leader e i diaconi, il che aveva rallentato il lavoro della chiesa. In realtà, anche se ero un predicatore, ero comunque me stesso. Avevo ancora molte carenze e una comprensione superficiale della verità, e dovevo cercare e chiedere di più in merito a ciò che non capivo o non sapevo fare e aprirmi in condivisione con i fratelli e le sorelle, facendo leva sui loro punti di forza per compensare le mie debolezze e svolgere bene il mio dovere. Dopo aver compreso questo, ero disposto a riunirmi con i leader della chiesa.
Tuttavia, quando ho scritto per avvisarli della riunione, le mie vecchie preoccupazioni sono inconsciamente riaffiorate. Più tardi, ho letto le parole di Dio: “Tutti gli esseri umani corrotti sono affetti dallo stesso problema: quando non posseggono prestigio non si danno arie nell’interagire o nel parlare con gli altri, né adottano un certo stile o tono nel parlare; sono semplicemente ordinari e normali e non hanno bisogno di presentarsi favorevolmente. Non percepiscono alcuna pressione psicologica e sanno tenere condivisioni sincere e sentite. Sono disponibili e con loro si può interagire facilmente; gli altri li considerano ottime persone. Non appena ottengono un certo prestigio diventano spocchiosi e arroganti, ignorano le persone comuni, nessuno può avvicinarli; pensano di godere di una sorta di nobiltà, di essere diversi dalla gente comune, che guardano dall’alto in basso, si danno arie quando parlano e smettono di tenere condivisioni sincere con gli altri. Perché non tengono più condivisioni sincere? Ritengono di avere prestigio, adesso, e sono dei capi. Pensano che i capi debbano avere una certa immagine, essere un po’ più in alto rispetto alla gente comune, avere una migliore statura ed essere maggiormente in grado di assumersi responsabilità; ritengono che, in confronto alle persone comuni, i capi debbano avere più pazienza, saper soffrire e spendersi di più e sapere resistere a ogni tentazione di Satana. Anche se i loro genitori o altri membri della famiglia muoiono, sentono di doversi astenere dal piangere, o almeno di dover piangere in segreto, lontano dagli sguardi degli altri, in modo che nessuno possa vedere le loro manchevolezze, i loro difetti o le loro debolezze. Credono perfino che un capo non debba far sapere a nessuno che è diventato negativo e devono invece nascondere tutte queste cose. Ritengono che così debba agire chi ha prestigio. Quando si reprimono in tale misura, non significa forse che il prestigio è diventato il loro dio, il loro signore? Stando così le cose, possiedono ancora un’umanità normale? Quando hanno queste idee, quando assumono questo ruolo e recitano questa parte, non si sono forse innamorati del prestigio?” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Come eliminare le tentazioni e i vincoli del prestigio”). Quando ho letto le parole di Dio che smascherano queste cose, ho capito che, da quando ero diventato predicatore, mi ero messo su un piedistallo: ecco perché non ero mai riuscito a trattare correttamente le mie manchevolezze e carenze. Prima di quella riunione, mi ero agitato al solo pensiero di trovarmi di fronte a leader che credevano in Dio da tanti anni, temendo di non riuscire a risolvere i loro problemi e di essere ritenuto un predicatore incompetente, cosa che mi avrebbe messo in imbarazzo e a disagio. Durante la riunione, anche se chiaramente non ero riuscito a capire a fondo il problema della sorella né a risolverlo, avevo continuato a pensare che, in quanto predicatore, non potessi dire che non riuscivo a capirlo a fondo. Così avevo trovato casualmente un passo delle parole di Dio e avevo condiviso in modo superficiale su qualche parola, senza preoccuparmi se lo stato della sorella fosse stato risolto o meno prima di passare a informarmi del lavoro. Anche in quel caso, per paura di non riuscire a risolvere i problemi, mi ero informato solo in modo molto superficiale del lavoro. Di conseguenza, la riunione non aveva davvero risolto alcun problema. In realtà, se fossi stato in grado di aprirmi e dire onestamente che non sapevo come risolvere lo stato della sorella, e poi avessi condiviso e cercato insieme a tutti, il problema si sarebbe potuto risolvere almeno in parte. Invece, avevo protetto in ogni momento il mio prestigio e la mia immagine di predicatore. Non avevo portato alcun fardello nel mio dovere e avevo in mente solo il prestigio; stavo soltanto facendo scena e mascherandomi. Ho pensato a quando i leader superiori si erano riuniti con me. Avevo condiviso per quanto capivo, aperto il cuore e fatto domande su tutto ciò che non comprendevo. Durante quelle riunioni mi ero sentito rilassato e liberato. Invece, ogni volta che mi ero riunito con i fratelli e le sorelle, quella sensazione di rilassatezza e libertà era completamente sparita. Pensavo che, in quanto predicatore, fossi lì per risolvere i loro problemi e così mi ero naturalmente messo su un piedistallo. Avevo cercato costantemente di nascondere e coprire le mie manchevolezze e di conseguenza non ero riuscito a sentire la guida di Dio. Questo significava che le riunioni erano state aride e sterili dall’inizio alla fine, e anche molto faticose.
In seguito, ho letto altre parole di Dio: “Gli anticristi hanno a cuore la propria reputazione e il proprio prestigio in modo maggiore rispetto alle persone comuni, e ciò è qualcosa di intrinseco alla loro indole essenza; non è un interesse temporaneo né l’effetto transitorio dell’ambiente circostante. È qualcosa all’interno della loro vita, delle loro ossa, e dunque è la loro essenza. Vale a dire, in tutto ciò che gli anticristi fanno, la loro prima considerazione va alla propria reputazione e al proprio prestigio, nient’altro. Per loro, la reputazione e il prestigio sono la vita, nonché l’obiettivo dell’intera esistenza. In tutto ciò che fanno, la priorità è: ‘Cosa ne sarà del mio prestigio? E della mia reputazione? Fare questa cosa mi darà una buona reputazione? Eleverà il mio prestigio nella mente delle persone?’ Questa è la prima cosa a cui pensano, il che dimostra ampiamente che hanno l’indole e l’essenza degli anticristi; ecco perché considerano le cose in questo modo. Si può dire che, per gli anticristi, la reputazione e il prestigio non sono un requisito aggiuntivo, né tantomeno cose esterne a loro a cui potrebbero rinunciare. Fanno parte della loro natura, sono nelle loro ossa, nel loro sangue, sono innati in loro. Gli anticristi non sono indifferenti al possesso della reputazione e del prestigio; non è questo il loro atteggiamento. Allora qual è? La reputazione e il prestigio sono intimamente legati alla loro vita di tutti i giorni, alla loro condizione quotidiana, a ciò che perseguono ogni giorno. E così, per gli anticristi, la reputazione e il prestigio sono la vita. A prescindere dal modo e dall’ambiente in cui vivono, dal lavoro che fanno, da cosa perseguano, da quali siano i loro fini o la direzione della loro vita, tutto ruota attorno all’avere una buona reputazione e un elevato prestigio. E questo obiettivo non cambia; non riescono mai a mettere da parte tali cose. È questo il vero volto degli anticristi, è questa la loro essenza” (La Parola, Vol. 4: Smascherare gli anticristi, “Tema 9: Parte terza”). Le parole di Dio smascherano che un anticristo considera la reputazione e il prestigio come la propria vita. Qualunque cosa faccia, tiene sempre conto di reputazione e prestigio prima di ogni cosa e, in loro assenza, non ha alcuna motivazione a fare nulla. Questo è determinato dalla sua natura essenza. Ho pensato a come anche io avessi sempre protetto la mia reputazione e il mio prestigio a ogni occasione: quando ero stato eletto predicatore, avevo cominciato a preoccuparmi di non riuscire a risolvere i problemi ancora prima di recarmi a qualsiasi riunione. Non volevo andarci perché temevo che i fratelli e le sorelle vedessero il mio vero livello. Anche se sapevo bene che non afferravano i principi per organizzare i materiali di allontanamento e avevano bisogno di essere guidati di persona, avevo paura di mettermi in ridicolo davanti a loro e di perdere la faccia, così non sono andato alla riunione. Questo ha significato che c’era stato un lungo ritardo nella risoluzione dei problemi nel lavoro di allontanamento, cosa che aveva ostacolato il lavoro della chiesa. Avevo dato troppa importanza a reputazione e prestigio! Ho ripensato al passato: quando ero nel mondo, il mio desiderio di reputazione e prestigio era particolarmente forte. Sul lavoro, spesso venivo lodato dal capo turno durante le riunioni perché avevo una forte etica del lavoro e alcune capacità. Anche il dirigente mi stimava e mi chiedeva di essere responsabile di alcuni compiti. Questo mi rendeva molto felice. Ma, quando il lavoro che avevo svolto andava rifatto e venivo criticato dal capo turno, poiché sentivo di aver perso la faccia davanti a tante persone, volevo dimettermi e basta. Dopo essere venuto nella casa di Dio per fare il mio dovere, avevo continuato a mettere il mio orgoglio e il mio prestigio al primo posto e non osavo ammettere di non sapere come fare una qualsiasi cosa. Non credevo in Dio da molto tempo, ma Egli mi aveva concesso la grazia di poter svolgere il mio dovere come predicatore. La Sua intenzione era che, svolgendo il mio dovere, mi formassi a cercare la verità per risolvere i problemi in esso. Era una buona opportunità per acquisirla. Tuttavia, non pensavo a come svolgere bene il mio dovere e soddisfare Dio, ma cercavo vigorosamente di proteggere il mio orgoglio e il mio prestigio. Quando avevo visto che c’erano problemi da risolvere nel lavoro della chiesa e nello stato di quella sorella, mi ero tirato indietro e avevo evitavo di andare a risolverli per proteggere il mio titolo di predicatore. Non prestavo alcuna attenzione al lavoro della chiesa o allo stato dei fratelli e delle sorelle, consideravo solo la mia faccia e il mio prestigio. Ero particolarmente egoista e spregevole. Il cammino che stavo percorrendo era quello degli anticristi, in opposizione a Dio. Quando ho capito questo, ho sentito che il mio stato era molto pericoloso ed ero disposto a pentirmi in fretta e a cambiare rotta.
In seguito, dopo che i leader superiori hanno saputo del mio stato, hanno condiviso con me due passi delle parole di Dio; queste mi hanno indicato un cammino di pratica per lasciar perdere il prestigio. Dio Onnipotente dice: “In che modo si può essere persone comuni e normali? […] In primo luogo non darti un titolo e non diventarne vincolato, dicendo: ‘Io sono il leader, io sono il capogruppo, io sono il supervisore, nessuno conosce quest’attività meglio di me, nessuno comprende le competenze meglio di me’. Non farti prendere dal titolo che ti sei assegnato da solo. Non appena lo farai, esso ti legherà mani e piedi e ciò che dirai e farai ne risentirà. Anche il tuo normale modo di pensare e di giudicare ne risentirà. Devi liberarti dai vincoli di tale prestigio. Per prima cosa, ridimensiona questa posizione e questo titolo ufficiale e mettiti al posto di una persona comune. Se lo fai, la tua mentalità si normalizzerà in una certa misura. Devi inoltre ammettere: ‘Non so come fare questo, e neanche capisco quello: dovrò condurre ricerche e studi’, oppure: ‘Non l’ho mai sperimentato prima, quindi non so cosa fare’. Quando sarai in grado di dire ciò che pensi veramente e di parlare sinceramente sarai in possesso di normale ragionevolezza. Altre persone conosceranno il vero te e avranno quindi una visione normale di te e tu non dovrai fingere né ti sentirai sotto una forte pressione, e sarai pertanto in grado di comunicare normalmente con le persone. Vivere in questo modo è liberatorio e facile; chi trova la vita stremante ne è personalmente la causa. Non fingere e non simulare. Apriti prima di tutto in merito a ciò che pensi in cuor tuo, ai tuoi veri pensieri, in modo che tutti ne siano consapevoli e li comprendano. Di conseguenza le tue preoccupazioni, le barriere e i sospetti tra te e gli altri verranno eliminati. C’è anche un’altra cosa che ti limita. Ti consideri sempre il capogruppo, un leader, un lavoratore o qualcuno in possesso di un titolo, di prestigio e di una reputazione: se ammetti di non capire qualcosa o di non saper fare qualcosa, non stai forse denigrando te stesso? Quando metti da parte queste catene nel tuo cuore, quando smetti di pensare a te stesso come a un leader o a un lavoratore, quando smetti di ritenerti migliore degli altri e senti di essere una persona comune, uguale a tutti gli altri e che esistono ambiti in cui sei inferiore agli altri, quando condividi sulla verità e sulle questioni lavorative con questo atteggiamento l’effetto è diverso, come lo è l’atmosfera. Se in cuor tuo nutri sempre dei dubbi, se ti senti costantemente sotto pressione e limitato e se desideri liberarti di queste cose ma non ne sei capace, allora dovresti pregare seriamente Dio, riflettere su te stesso, notare i tuoi difetti e sforzarti di giungere alla verità. Se riesci a mettere in pratica la verità, otterrai risultati. Qualunque cosa tu faccia, non parlare e non agire da una certa posizione o con un certo titolo. Per prima cosa, metti da parte tutto questo e occupa il posto di una persona comune” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Fare tesoro delle parole di Dio è il fondamento della fede in Dio”). “Cosa significa per te il prestigio? In realtà, il prestigio è semplicemente un extra, una cosa in più, come un capo di abbigliamento o un cappello. È solo un ornamento. Non ha una vera utilità e la sua presenza non influisce su nulla. Che tu abbia o meno prestigio, sei sempre la stessa persona. Il fatto che si possa comprendere la verità e acquisire la verità e la vita non ha nulla a che fare con il prestigio. Fintanto che tu non consideri il prestigio una questione troppo importante, non può limitarti. Amando il prestigio e attribuendogli una particolare importanza, considerandolo sempre una questione importante, sarai sotto il suo dominio; non vorrai aprirti, metterti a nudo, conoscere te stesso né accantonare il tuo ruolo di guida per agire, parlare e interagire con gli altri e svolgere il tuo dovere. Che tipo di problema è questo? Non è forse quello di essere limitati dal prestigio? Questo accade perché parli e agisci da una posizione di prestigio e non riesci a scendere dal piedistallo. Così facendo non ti stai solo tormentando? Se comprendi davvero la verità, e se riesci ad avere prestigio senza considerare te stesso come fai, ma riesci piuttosto a concentrarti su come svolgere bene i tuoi doveri, a fare tutto ciò che dovresti e a compiere il dovere che ti spetta, e se ti consideri un fratello o una sorella come gli altri, allora non sarai vincolato dal prestigio?” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Come eliminare le tentazioni e i vincoli del prestigio”). Dopo aver letto le parole di Dio, ho capito che la parola “predicatore” è solo un titolo e non rappresenta nulla. Non è che capissi la verità solo perché ero un predicatore; in realtà, che svolgessi quel dovere o meno, la mia statura sarebbe rimasta la stessa e non sarei comunque riuscito a fare le cose che non sapevo fare. Dio spera che io sappia seriamente essere una persona comune; che non sia vincolato o limitato dai titoli; che mi apra in merito alla mia corruzione e alle mie carenze durante le riunioni, condividendo su quanto capisco; che sia onesto, dicendo “non lo so” quando vengo posto di fronte a problemi o difficoltà che non riesco a risolvere; che condivida e cerchi insieme ai fratelli e alle sorelle per svolgere bene il mio dovere. Dopo aver compreso l’intenzione di Dio, ero disposto ad affidarmi a Lui per accedere a questo proposito. Successivamente, durante le riunioni, non mi sono più messo sul piedistallo di un predicatore e, quando incontravo problemi che non capivo, li discutevo e li risolvevo insieme a tutti.
Una volta mi sono recato in una chiesa per informarmi sul suo lavoro. Quando sono arrivato al luogo della riunione, ho visto un fratello con cui ero già stato in contatto. Lui è piuttosto concentrato sul suo accesso alla vita e sa condividere sulla verità per risolvere alcuni problemi. Ho cominciato a pensare: “Se non sono altrettanto bravo a risolvere i problemi, cosa penseranno di me i fratelli e le sorelle? Penseranno che io, un predicatore, non riesco nemmeno a usare la verità per risolvere i problemi? Sarebbe così imbarazzante!” Ho capito che ero di nuovo influenzato dal mio prestigio e dal mio titolo e ho ricordato le riunioni passate, quando avevo nascosto le cose e indossato una maschera per amore di reputazione e prestigio e non avevo osato aprirmi e mettere a nudo le cose che non capivo o non sapevo fare. Cercare di darsi delle arie durante le riunioni era davvero avvilente e doloroso! Non volevo più farlo. Mi sono ricordato delle parole di Dio: “Se non vuoi stare sul fuoco ad arrostire dovresti rinunciare a tutti quei titoli e a quelle aureole e rivelare ai tuoi fratelli e sorelle i veri stati e i veri pensieri che albergano nel tuo cuore. In questo modo, i fratelli e le sorelle possono trattarti in maniera corretta e tu non devi mascherarti. Ora che ti sei aperto e hai gettato luce sul tuo vero stato, il tuo cuore non si sente forse più a suo agio, più rilassato? Perché vuoi camminare con un fardello così pesante sulla schiena? Se riveli il tuo vero stato, i fratelli e le sorelle davvero ti guarderanno dall’alto in basso? Davvero ti abbandoneranno? Assolutamente no. Al contrario, i fratelli e le sorelle ti approveranno e ti ammireranno per aver osato dire cos’hai nel cuore. Diranno che sei una persona onesta. Questo non ostacolerà il tuo lavoro nella chiesa né avrà il minimo effetto negativo su di esso. Se i fratelli e le sorelle vedono proprio che hai difficoltà, ti aiuteranno e lavoreranno con te spontaneamente. Cosa dite? Non sarebbe così?” (La Parola, Vol. 3: I discorsi di Cristo degli ultimi giorni, “Fare tesoro delle parole di Dio è il fondamento della fede in Dio”). Dalle parole di Dio ho capito che, se volevo abbandonare il prestigio e i titoli, dovevo essere una persona onesta, aprirmi in comunione sui miei veri pensieri con i fratelli e le sorelle senza nascondere o mascherare nulla, accettare le cose così come sono, cercare insieme ai fratelli e alle sorelle e condividere con tutti sulle cose che non capivo, imparando dai punti di forza degli altri per compensare le nostre debolezze. Questo è benefico sia per me che per il lavoro della chiesa. Perciò ho pregato silenziosamente Dio affinché mi guidasse ad abbandonare l’orgoglio e il prestigio, a liberarmi dai vincoli dei titoli e ad aprirmi in condivisione, comportandomi da persona onesta. Durante la riunione, mi sono aperto e ho detto che avevo molte carenze e che, se qualcuno aveva problemi o stati, potevamo cercare, condividere e risolverli insieme, imparando dai punti di forza reciproci. Non mi sono più messo sul piedistallo di un predicatore e non sono più stato nervoso o limitato durante la riunione. Al contrario, mi sono sentito davvero affrancato e libero per tutta la durata dell’incontro. Ho anche ricevuto un po’ di luce dalla condivisione dei fratelli e delle sorelle e ho visto i problemi più chiaramente. Dal profondo del cuore ho sentito quanto fosse rilassante abbandonare i titoli durante le riunioni.
Attraverso la mia esperienza in quel periodo ho capito che perseguire reputazione e prestigio nel fare il mio dovere mi aveva portato solo agonia e tormento e che il cammino da me percorso era quello degli anticristi, in opposizione a Dio. Avrei soltanto finito per essere eliminato da Lui. Solo stando seriamente nella posizione che si addice a un essere creato, aprendomi con franchezza ed essendo una persona onesta, posso svolgere bene il mio dovere.